PER GLI ALLEATI DOPPIO REGISTRO IN VISTA DELLE EUROPEE
Tra le parole ufficiali e quelle sotto voce si registra una differenza marcata. Così, sulla manovra finanziaria si giura che non ci sarà nessun passo indietro. Ma intanto la maggioranza tratta con la Commissione europea, per evitare ulteriori danni oltre a quelli già provocati da proposte dispendiose: il premier Giuseppe Conte rivedrà Jeanclaude Juncker durante la riunione del G20 a Buenos Aires. Segno che il governo vuole cercare di durare almeno fino a primavera.
Ma c’è un doppio linguaggio anche sull’europa che emergerà dalle elezioni del prossimo anno. Il vicepremier Luigi Di Maio, capo del Movimento Cinque Stelle, sostiene che «il 4 marzo c’è stato un uragano. Lo stesso uragano si scatenerà a maggio, alle elezioni europee». Per il suo Movimento che alle Politiche ha preso oltre il 30 per cento dei voti, si dovrebbe pensare a un risultato simile. In privato, invece, i dirigenti ammettono che quell’appuntamento è sempre difficile, per il M5S.
Nel 2014 ottenne il 21, 15 per cento,
Gli equilibri
I 5 Stelle preoccupati di bilanciare il protagonismo salviniano Non reggerebbero un risultato molto inferiore a quello di marzo
sovrastato dal 40 per cento del Pd. Stavolta, a proiettarsi in cima alle preferenze sembra potere essere la Lega di Matteo Salvini. I Cinque Stelle temono di segnare ancora il passo. E spiegano ufficiosamente che fino al 20 per cento, l’arretramento si potrebbe sopportare. Sotto quella soglia, invece, si aprirebbero dei problemi. Si parla di un Di Maio preoccupato di bilanciare il protagonismo salviniano: non vuole apparire come il leader che lascerebbe per strada quasi un terzo dei consensi. Altri esponenti del Movimento, invece, appaiono meno pessimisti.
Vedono una Lega col fiato più corto di quanto appaia; le minacce di uno strappo di Salvini solo teoriche; e il nervosismo di Di Maio esagerato dal timore della fronda interna e dall’incrocio con alcune vicende familiari. Anche per questo il vicepremier non disdegna il ritorno in Italia di Alessandro Di Battista dal suo sabbatico in Centro America con famiglia al seguito. È vero che Di Battista, nonostante gli attestati reciproci di alleanza, è visto come un leader alternativo a Di Maio. E non avendo né incarichi parlamentari né di governo, potrebbe incrinare l’equilibrio precario tra M5S e Lega.
Rafforza elettoralmente il Movimento, ma in parallelo è un fattore di potenziale disturbo per l’esecutivo. L’esigenza di fermare l’emorragia di consensi verso il Carroccio fa pensare comunque a un ruolo di punta, per Di Battista. Poi, una volta contati i voti a maggio, si tireranno le somme. Nessuno esclude che i Cinque Stelle recuperino fino a arrivare vicini ai risultati del 4 marzo alle Politiche. Ma se non succederà, l’uragano si registrerà, oltre che in Europa, tra i seguaci di Beppe Grillo e di Davide Casaleggio.