Trump-putin, il vertice saltato
Altre pesanti accuse nel Russiagate. La Casa Bianca: colloquio annullato per mosse del Cremlino in Ucraina
La tensione tra Russia e Ucraina «sconfina» al vertice dei G20 a Buenos Aires. Il presidente americano Donald Trump cancella l’incontro con il capo del Cremlino Vladimir Putin. «Visto che le navi e i marinai non sono stati restituiti all’ucraina dalla Russia, ho deciso che sarebbe meglio per tutte le parti coinvolte cancellare il mio incontro» twitta la Casa Bianca. «Finora, abbiamo visto solo il tweet: non abbiamo ancora ricevuto una conferma ufficiale» replica il Cremlino. Ma sullo sfondo c’è anche la nuova puntata dello scandalo Russiagate e le parole del legale di Trump: ho mentito su Mosca.
BUENOS AIRES Al momento il summit tra Donald Trump e Vladimir Putin è cancellato. Fa fede l’ultimo tweet del presidente americano, scritto alle 13.34 di ieri, mentre volava sull’air Force One da Washington a Buenos Aires: «Visto che le navi e i marinai non sono stati restituiti all’ucraina dalla Russia, ho deciso che sarebbe meglio per tutte le parti coinvolte di cancellare il mio incontro previsto in Argentina con il presidente Vladimir Putin. Mi auguro che avremo un summit significativo, non appena la situazione si sarà risolta».
L’imbarazzo di Donald
Prima di imbarcarsi sull’aereo, però, Trump aveva annunciato ai cronisti che il bilaterale con Putin ci sarebbe stato. I russi hanno reagito con il gelido sarcasmo di Dmitry Peskov, il portavoce del Cremlino: «Non abbiamo neanche ricevuto una comunicazione ufficiale. Comunque se è così il presidente Putin avrà qualche ora in più per altri colloqui importanti a margine del G20». Negli ultimi Trump ha oscillato. La prima reazione istintiva era stata di circoscrivere e minimizzare l’incidente tra russi e ucraini al largo della Crimea. Un po’ come ha fatto con il rapporto della Cia che chiama in causa il principe ereditario Mohammed Bin Salman in quanto mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. E come è accaduto per il dossier saudita, anche sulla Russia Trump non ha avuto l’appoggio dei ministri più influenti del suo governo, né del Congresso, per non parlare dei principali alleati europei. Certo, manca la controprova. Ma forse il presidente sarebbe andato avanti comunque se di prima mattina non fossero arrivate notizie imbarazzanti dalla Corte del «Southern digiorni strict» di New York.
Le verità del «fixer»
Il suo ormai ex avvocato personale, il cinquantaduenne Michael Cohen, si è presentato a sorpresa davanti ai giudici e ha ammesso di aver mentito sulla Trump Tower a Mosca. Lo ha smascherato il super procuratore Robert Mueller, nel quadro dell’inchiesta sul Russiagate, l’ipotesi di collusione tra il clan Trump e il Cremlino per danneggiare la candidatura di Hillary Clinton nel 2016. Il 28 agosto 2017 Cohen inviò una lettera alla Commissione Intelligence della Camera che pochi giorni dopo lo convocò in audizione. Nel documento, diffuso ieri dall’ufficio di Mueller, si legge che la proposta di costruire una torre-albergo a Mosca «fu allo studio della società (cioè la Trump Organization, ndr) dal settembre 2015 al gennaio 2016». Dopodiché, Cohen decise «di abbandonare il progetto perché non fattibile». In realtà gli inquirenti hanno scoperto che l’ex legale di Trump coltivò rapporti politici con i russi almeno fino al giugno 2016, quando il candidato repubblicano era ormai il favorito per la nomination.
Tra affari e politica
Ieri il leader della Casa Bianca ha stroncato l’uomo che è stato il suo fiduciario per dieci anni e che si è occupato anche di sistemare le sue avventure sessuali, pagando, per esempio, la pornostar Stormy Daniels per il suo silenzio. «È un debole, un bugiardo — ha detto Trump —. Mente perché spera di avere una pena più bassa. Fui io a decidere di bloccare l’affare della torre, perché ero in corsa nelle primarie. Anche se non ci sarebbe stato nulla di male a realizzarla». Secondo le ricostruzioni di molti giornali americani, i consiglieri più stretti avrebbero convinto Trump che incontrare Putin in questo momento sarebbe stato rischioso. Il presidente è troppo esposto, troppo vulnerabile sulla Russia. Anche se è quello che accade ormai da quasi due anni.