«Le regole Ue si rispettano E l’euro rafforza l’italia»
L’Italia e la Francia condividono una cultura, una storia, delle istituzioni. Ma i nostri due paesi hanno anche creato insieme una moneta. L’euro compie vent’anni. La nostra creatura ha raggiunto l’età adulta e deve affrontare un mondo segnato da crescenti incertezze geopolitiche, in parte legate a un nuovo posizionamento degli Stati Uniti, e numerose sfide: i flussi migratori, il cambiamento climatico, la rivoluzione digitale o l’invecchiamento della popolazione.
In questo mondo turbolento, l’italia ha molti punti di forza. La creatività dei suoi imprenditori è ampiamente riconosciuta, è la seconda forza industriale dell’area euro, le esportazioni sono in aumento, l’indebitamento privato è inferiore alla media dei vicini europei...
Tuttavia, l’italia ha un tasso di crescita inferiore a quello dei partner europei (0% nel terzo trimestre 2018) e un tasso di disoccupazione elevato, soprattutto tra i giovani. Si è tentati di attribuire all’euro la colpa di questi problemi. Invece, l’euro fa parte delle soluzioni. Dei suoi undici membri fondatori, l’italia e la Francia sono stati i primi a volere ardentemente l’euro nel 1999. Con la moneta unica, la Francia e l’italia hanno un peso decisionale ben maggiore rispetto all’epoca del franco e della lira, quando le nostre politiche monetarie dovevano sostanzialmente adeguarsi a quella tedesca e l’unico strumento a nostra disposizione era quello, depauperante, della svalutazione.
In seguito, la moneta unica ci ha portato dei benefici economici innegabili. In primis, una maggiore stabilità dei prezzi, che ha preservato il potere d’acquisto delle famiglie: l’inflazione è diminuita nettamente in Italia, dall’8% in media nei vent’anni precedenti l’euro, a meno del 2% nell’ultimo ventennio. Poi, grazie al calo nettissimo dei tassi d’interesse, prestiti più vantaggiosi per gli Stati, le famiglie e le imprese: lo spread dell’italia e della Francia rispetto alla Germania si è più che dimezzato rispetto al periodo in cui c’era il mercato unico senza la moneta unica (1986-1992). Di conseguenza, i cittadini sono molto legati alla moneta unica e questo sostegno popolare, ovunque, è uno dei più grandi successi dell’euro.
Ma, soprattutto, la moneta unica è il frutto di un sistema originale che unisce i diciannove paesi dell’area euro: un’unione in cui la politica monetaria è condivisa e le altre politiche economiche sono decentralizzate. Tramite il mandato che gli è stato conferito democraticamente, il Consiglio direttivo della Bce, sotto la presidenza di Mario Draghi, deve avere una sola bussola per la politica monetaria: la stabilità dei prezzi in tutta l’area euro, con un’inflazione a medio termine inferiore ma prossima al 2%. È così che la politica monetaria contribuisce alla crescita sostenibile, stabilizzando il ciclo economico e garantendo tassi d’interesse moderati. Se questa politica monetaria ha potuto, dal 2012, contribuire L’intervento François Villeroy de Galhau, 59 anni, è governatore della Banca di Francia dal primo novembre 2015. È anche membro del consiglio direttivo della Bce,. Ieri ha partecipato a Roma a una conferenza ospitata dall’università Luiss alla riduzione della “frammentazione” del mercato dei capitali che penalizzava l’italia, tanto meglio; ma non può essere condotta a beneficio di un solo paese in particolare, che sia la Germania, la Francia o l’italia.
Le politiche di bilancio e strutturali sono invece di competenza dei singoli Stati. È una buona notizia per la democrazia in ogni paese; ma la contropartita di questa decentralizzazione è, naturalmente, il rispetto delle regole che abbiamo stabilito insieme, tra cui il Patto di stabilità e di crescita.
In qualità di banchiere centrale di un paese amico, non tocca evidentemente a me pronunciarmi sulle scelte italiane. Ma il rispetto di queste regole è anche nell’interesse nazionale dei nostri due paesi. Se deficit e debito pubblici fossero la chiave della crescita, la Francia e l’italia sarebbero le prime della classe in Europa: purtroppo non è così. L’effetto positivo degli stimoli di bilancio sulla crescita può essere interamente controbilanciato dall’aumento dell’incertezza e dunque dai tassi d’interesse richiesti dagli investitori. L’aumento del costo dei titoli di Stato rischia di propagarsi a tutta la sfera economica, limitando l’accesso al credito di imprese e famiglie. Nel suo recente Rapporto sulla stabilità finanziaria, la Banca d’italia stima che nel 20102011, il 70% dell’aumento dello spread sui titoli di Stato è stato trasmesso sui tassi di interesse pagati dalle imprese. Ma la posta in gioco va oltre le cifre. L’impegno dei nostri paesi in un quadro europeo stabile è la
chiave della nostra prosperità comune. E noi abbiamo bisogno dell’impegno dell’italia per costruire insieme ciò che vogliamo: un’area euro più efficace e più solidale.
Questo significa innanzitutto migliorare i finanziamenti e gli investimenti nell’area euro. Il risparmio privato abbondante, oltre 350 miliardi di euro, potrebbe trovare maggiore impiego a vantaggio delle imprese che necessitano d’investire e innovare, ad esempio nel digitale o nella transizione energetica, finanziandosi con capitale proprio. È per questa ragione che io caldeggio la creazione di una «Unione dei finanziamenti per gli investimenti e l’innovazione» a livello dell’area euro.
Ma ci vuole anche, nell’area euro, una maggiore solidarietà pubblica. Al di là del rigore di bilancio, una prevenzione credibile delle crisi richiede la disponibilità, con il Meccanismo europeo di stabilità, degli strumenti necessari per aiutare uno Stato membro ad assorbire gli shock che, nonostante tutti gli sforzi, possono inaspettatamente manifestarsi. Anche il bilancio dell’area euro, proposto dalle autorità francesi, potrebbe svolgere un ruolo di stabilizzazione, sostenendo gli investimenti, in particolare nell’istruzione, nella formazione e nelle nuove tecnologie, a complemento delle finanze pubbliche nazionali. Di fronte a questo mondo incerto, solo insieme possiamo costruire al meglio il nostro destino comune.