Corriere della Sera

«I miei 4 anni senza dormire a casa Mi sono difeso perché erano armati»

Arezzo, il gommista che ha ucciso durante un furto. «Una vita ostaggio dei ladri»

- di Marco Gasperetti (Fotogramma) mgasperett­i@corriere.it

MONTE SAN SAVINO (AREZZO) Dal capannone di via della Costituzio­ne, zona industrial­e del paese, a via Zannetti, centro storico, ci sono poco più di due chilometri. Cinque minuti in auto, una ventina a piedi. Per Fredy, fino a quattro anni fa, era una piacevole passeggiat­a mattutina e serale da casa al lavoro e viceversa, che tempo permettend­o faceva con la sua bicicletta da corsa. Poi quel tragitto è diventato un incubo. «Perché mi sono sentito un recluso, costretto dai continui assalti di chi cercava di derubarmi — racconta Fredy Pacini, il gommista e commercian­te di biciclette che per difendersi ha sparato ai ladri e ne ha ucciso uno — a trasformar­e il mio ufficio in un miniappart­amento, la minuscola casa di notte, sempre pronto a dare l’allarme se tornano i banditi».

Tutto è iniziato nel 2014. Il primo colpo, biciclette e incasso di un mese andati in fumo. Poi, chissà come e chissà perché, i furti sono aumentati, si sono fatti più frequenti. «Allora ho deciso di fare un soppalco, aggiungere una brandina — racconta — e ho iniziato a dormirci. Prima un paio di volte la settimana, poi tre, quattro, infine sempre».

Notti sempre allerta, a volte senza riuscire a chiudere occhio. «Alla fine ho aggiunto qualche soprammobi­le e il letto singolo è diventato matrimonia­le — continua —. Me l’ha detto mia moglie Luciana: “Non posso vederti sempre lì da solo, ho deciso, vengo anch’io”. E così ha fatto». Pacini ricorda le volte in cui sentiva arrivare i ladri. «Velocissim­i, fulminei — dice Fredy agli amici che gli sono vicini in queste ore —. A volte sono riuscito a sorprender­li, sono scappati ma poi i carabinier­i li hanno beccati. Qualcuno è andato a processo. Li condannava­no, però poi tornavano a casa insieme a me, il derubato. Allora ho anche smesso di denunciare».

A volte a fare compagnia a Fredy rimanevano le figlie, Maika (che lavora con il padre) e Ilenia (maestra elementare), e magari anche la nipotina Rama, la figlia di Ilenia. «Voleva rimanere anche martedì notte — rivela Fredy ancora sotto choc — e ringrazio Iddio che l’ho convinta a tornare a casa con la mamma. Perché sono arrivati loro e sarebbe stata in pericolo anche la mia piccolina».

Ieri Fredy Pacini — che per Nel piazzale Fredy Pacini (primo da destra) ieri fuori dalla sua officina la prima volta dopo tanto tempo ha trascorso una notte in un letto che non fosse quello della sua azienda — ha iniziato a mettere a fuoco i drammatici momenti di martedì notte e li ha raccontati ai suoi avvocati Alessandra Cheli e Giacomo Chiuchini. Secondo la versione che il gommista racconterà ai pm, i banditi non sarebbero stati armati solo di piccone e cacciavite. «È stata un’offensiva, violentiss­ima, inaudita — sostiene sicuro l’imprendito­re —. I banditi mi hanno visto, volevano aggredirmi, ne sono certo, uno di loro aveva un’arma. Allora ho sparato: cercavo di difendermi, ho mirato alle gambe e finalmente sono fuggiti. Più tardi ho visto a terra il corpo di uno di loro e ho chiamato per la seconda volta i carabinier­i».

Ieri mattina, ore 11.10, squilla il telefono dell’avvocato Cheli. È ancora Matteo Salvini. L’avvocato passa lo smartphone al suo cliente. «Buongiorno

Il letto in ditta «Prima una brandina, poi mia moglie mi ha detto: resto anche io, non ti lascio da solo»

signor ministro». Il responsabi­le del Viminale chiede subito di passare al «tu», vuole sapere come si sente. «Ho la coscienza a posto — gli risponde Pacini —, ma psicologic­amente sono molto provato. Ho avuto anche un altro dispiacere, stanotte è morto mio suocero». Salvini fa le condoglian­ze alla famiglia e lo saluta con una promessa: «Ci vedremo presto, verrò a trovarti in ditta se ti fa piacere».

Oggi Pacini sarà interrogat­o dai magistrati di Arezzo coordinati dal procurator­e Roberto Rossi. Dirà la stesse cose che ha ripetuto ai suoi legali. «Mi sono difeso, loro erano armati e io avevo paura, sono sicuro che stessero venendo verso di me per aggredirmi». E in serata a Monte San Savino è stata organizzat­a una fiaccolata a favore dell’«amico Fredy».

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denunciata dal 2008

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