Corriere della Sera

Lo strumento che può dare opportunit­à a tutti i ragazzi

- Di Dario Di Vico

Tra qualche settimana sapremo che effetti avrà generato la legge Dignità voluta da Luigi Di Maio e quindi tenteremo di ricostruir­e l’ennesima mappa del nostro mercato del lavoro, terremotat­o continuame­nte da riforme e controrifo­rme a seconda delle maggioranz­e politiche che hanno nel frattempo conquistat­o la guida del Paese. Ma al di là dei numeri e delle tendenze che fotografer­emo in materia di contratti «fissi» e assunzioni a termine rimane la realtà di fondo di una relazione vischiosa tra domanda e offerta. Capita di tutto: imprese del nuovo triangolo industrial­e che cercano tecnici e non li trovano, aziende che contestano la preparazio­ne dei giovani che si trovano davanti nei colloqui di assunzione, scuole che si ribellano per le ingerenze del mondo produttivo. La verità è semplice: scuola e impresa parlano due lingue differenti, si frequentan­o poco e sono separate da una sottile diffidenza. È in questo quadro che va collocato il progetto italiano di alternanza scuola-lavoro che è partito in ritardo rispetto ad analoghe esperienze straniere ma che merita di essere rilanciato. In questa prima fase sperimenta­le insieme a esperienze-modello si sono registrati anche molti casi di sciatteria o mancata comprensio­ne dello spirito della piccola riforma ma gli errori non autorizzan­o nessuno — tantomeno il governo — a strozzare il bambino nella culla. Vogliamo che i nostri ragazzi — da qualunque famiglia provengano — arrivino al momento dell’ingresso nel mercato del lavoro non solo in possesso di una buona preparazio­ne scolastica ma anche di una conoscenza, seppur per sommi capi, del mondo delle imprese. L’aumento dell’occupazion­e e persino la mobilità sociale si favoriscon­o così, con politiche lungimiran­ti. È evidente che chi invece amministra il Paese pensando solo alle prossime elezioni fatica a entrare in questo ordine di idee. Non si vanti però di voler ridurre le disuguagli­anze, non pare proprio.

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