Corriere della Sera

L’onda dell’attivismo si abbatte su Google

- di Massimo Gaggi

Sotto i riflettori da due anni per gli errori a raffica, Facebook si sente assediata: siamo in guerra, dice Mark Zuckerberg ai suoi dirigenti. E chiede loro di serrare i ranghi, convinto che ora il rischio più grosso sia quello interno: defezioni e rivolte del personale. Ma Facebook non è un caso isolato. Cominciate dopo l’elezione di Trump, le eruzioni di malessere dei dipendenti si moltiplica­no in molte aziende della Silicon Valley. Soffre soprattutt­o Google, accusata di essersi messa al servizio del Pentagono, di discrimina­re donne e minoranze nere e ispaniche e di inchinarsi alla censura cinese. Accuse pesanti, ma a colpire è soprattutt­o la rapidità con la quale l’incendio si è propagato nell’azienda fondata vent’anni fa da Larry Page e Sergey Brin sul motto Don’t be evil. Inaugurata nel 2017, la collaboraz­ione tra Google e Pentagono sull’intelligen­za artificial­e è stata cancellata cinque mesi fa, dopo la rivolta di 1400 tecnici e ingegneri contro un’iniziativa giudicata estranea alla cultura aziendale. Poi il sessismo: scuse e promesse di cambiare rotta dopo la scoperta di abusi tenuti segreti. Ora tocca alla Cina: l’amministra­tore delegato Sundar Pichai vuole rientrare in quel mercato, lasciato da Google nel 2010 per scelta etica. Contro di lui una coalizione eterogenea che va da Amnesty Internatio­nal al vicepresid­ente Usa Mike Pence, al Congresso (davanti al quale dovrà comparire la prossima settimana). Ma l’allarme principale viene dalla nuova rivolta interna: una lettera di nove dipendenti che chiede di cancellare il progetto Dragonfly (il motore di ricerca censurato per la Cina), in poche ore è stata firmata da oltre 400 «cervelli».

Il vento è cambiato: niente più adorazione per i pionieri dell’economia digitale, ma appoggio alla spinta «democratic­a» dal basso contro la metamorfos­i delle start up divenute big tech. Ma il caso Cina è complesso e, quanto al Pentagono, non è detto che sia giusto privare l’esercito di un Paese democratic­o dell’intelligen­za artificial­e se questa sarà la forza dominante del futuro (usata a piene mani dalle altre potenze, anche in campo militare). Ma l’onda dell’attivismo (che può degenerare in assemblear­ismo) è un boomerang che Google e gli altri si sono costruiti da soli con anni di promesse iperbolich­e: cambieremo il mondo, abbatterem­o le barriere, renderemo la conoscenza universale. Ora arriva la resa dei conti.

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