La Coppa Prada apre la caccia al Graal degli oceani
Bertelli e Tronchetti uniti per la Luna
MONTECARLO La Coppa America, dallo Yacht Club di Montecarlo, è lontana un continente, un Oceano, due anni e quattro mesi eppure sono tutti qui. Commodori, velisti, tycoon e reduci, gente di Azzurra e del Moro di Venezia, il popolo di Luna Rossa (quasi) al gran completo, la voce storica della grande vela: Peter Montgomery, il Pizzul delle strambate. L’occasione è importante, un delitto mancare. Tramonta la Vuitton Cup, il passato. Nasce la Prada Cup.
Eccoli, Patrizio e Lorenzo Bertelli, il padre che nel ‘99 lanciò la prima delle cinque sfide di Luna Rossa e il figlio ex rallista cooptato in azienda che sta pensando a una linea di vestiti, accanto al trofeo extralarge disegnato da Marc Newson. Nel marzo 2021, a Auckland, in Nuova Zelanda, archiviata l’era di trimarani e catamarani, si regaterà sugli Ac75, i rivoluzionari monoscafi volanti con doppia randa: la gara tra gli sfidanti di Team New Zealand, il defender, Il trofeo
avrà come premio una coppa nuova di zecca, in grado di sottolineare il passaggio generazionale.
«Età media bassissima, sforzo atletico enorme, velocità mai raggiunte prima: vent’anni fa ero il più giovane della ciurma e oggi mi ritrovo ad essere il veterano — scherza Max Sirena, 47 anni, lo skipper di Luna Rossa rientrato a casa dopo il fondamentale apprendistato chez i neozelandesi nella coppa vinta a Bermuda —. Gli Ac75 hanno un potenziale devastante, mai visto prima. Saranno più performanti dei catamarani. Stiamo navigando al simulatore e raggiungiamo punte straordinarie».
Luna Rossa, quella nuova che proverà a portare l’america’s Cup per la prima volta in Italia in 167 anni di storia, sarà griffata Prada e Pirelli: la collaborazione tra amici, Bertelli e Tronchetti Provera, si ripropone 11 anni dopo Valencia e la finale di Vuitton Cup raggiunta insieme, sconfitti — con onore — dai soliti maledetti kiwi. «Chiedete tutto a Patrizio...» si defila il Ceo di Pirelli, lasciando il palcoscenico all’armatore. E allora si apprende che la Luna nuova uscirà dal cantiere Persico a marzo, verrà allestita e poi varata tra maggio e giugno, pronta per affrontare a ottobre il primo atto delle America’s Cup World Series, a Cagliari, Ambiziosa Luna Rossa ci riprova: sarà griffata Prada e Pirelli come 11 anni fa (Reuters) prima che il circuito decolli per altri lidi, in un ideale percorso che conduca gli scafi in Nuova Zelanda entro l’inverno 2020, quando è prevista la Christmas Cup, anticamera delle regate che conteranno sul serio.
«Se con le barche abbiamo paura di essere andati troppo oltre? — chiede Bertelli sinceramente divertito dal trambusto che circonda il modellino di Luna Rossa con i foil retraibili, come fossero le braccia di un vigile che dirige il traffico —. Avremmo potuto essere più accorti ma la Coppa America è andare avanti, seguire l’istinto. Non abbiamo paura di niente. La mia aspettativa è che si torni a parlare di vela e marinai, e che si faccia la prossima coppa con queste stesse barche. L’america’s Cup, in fondo, è un esercizio mentale».
Stamattina alle 5, le 17 in Nuova Zelanda, si sono chiuse le iscrizioni per gli aspiranti sfidanti. Quelli ufficiali sono tre: Luna Rossa challenger of records, gli inglesi di Ineos e gli americani di American Magic (New York Yacht Club, quello che ha detenuto il trofeo per 132 anni). C’è tempo, pagando una tassa supplementare di un milione di dollari, fino al 31 dicembre. Si parla di un potenziale consorzio italiano con base a Firenze, che ruota intorno al gruppo Altus (immobili di lusso), di uno olandese, di un altro americano (Chicago) e, forse, di uno asiatico. Sin troppa abbondanza per sfide costose e barche complicatissime, che scuffiano un giorno no e uno sì (le prove di volo di inglesi e statunitensi, che si stanno allenando su prototipi, fin qui sono state fantozziane): se dei quattro ne rimarrà uno, sarà un successo. Ma insomma Bertelli, chi timonerà la Luna: il palermitano Checco Bruni o l’australiano Spithill, il figliol prodigo tornato a casa? «Alla ruota magari mi ci metto io». Il problema dell’abbondanza: vorrebbero averlo tutti.