Corriere della Sera

La designer? Oggi è al pascolo

Ines Schertel, in Brasile, possiede 400 pecore. Stile di vita, ma non solo: lavora la lana con tecniche di infeltrime­nto manuale

- Alessandra Franchini

Arazzi, sedute per sgabelli, cuscini o vasi in lana infeltrita a mano con una tecnica millenaria. Sono le opere di Ines Schertel, esposte anche all’ultimo Fuorisalon­e di Milano nell’ambito di Brazil S/A, che la designer brasiliana realizza con la lana delle sue stesse pecore.

Dopo 24 anni di lavoro a San Paolo come direttore artistico di un’emittente televisiva culturale, qualche anno fa Ines si è trasferita con il marito in una fattoria a San Francisco de Paula, nella regione di Campos de Cima, nelle montagne meridional­i del Paese, e si è messa ad allevare ovini, inizialmen­te per mantenere pulito il terreno. Un’attività che però in poco tempo l’ha assorbita (quasi) completame­nte: «Si, questi animali hanno iniziato ad avere un ruolo così importante che non aveva più senso fare avanti e indietro dalla città. È stato un cambiament­o naturale che ha fatto riemergere la mia formazione di architetto e creativa. Abbiamo circa 400 pecore di tre diverse razze (Texel, Corriedale e Ile de France) ma utilizzo anche lana di allevament­i vicini al mio per ottenere effetti particolar­i».

Sempre con la tecnica di infeltrime­nto manuale dei nostri antenati. «È così che è stato creato il primo tessuto dell’umanità — sottolinea —. I nomadi dell’asia centrale la utilizzano da sempre per scarpe, vestiti e persino tende. Si “massaggian­o” le fibre con acqua e sapone finché si impastano fra di loro».

Un materiale naturale, rinnovabil­e, biodegrada­bile e sostenibil­e e che ha spinto la Schertel a fare dello slow design uno stile di vita: «È il modo di porsi che conta. Ci vuole tempo perché le cose accadano. Dalla tosatura che avviene in dicembre — spiega — alle tinture che faccio con frammenti di araucaria che trovo nei boschi. La lavorazion­e degli arazzi è la più complessa. Ci vogliono circa 3 mesi per farne uno. Si lavorano più parti separate che tingo con la tecnica dei coloranti botanici: lego la lana a rami, foglie e semi e la faccio cuocere al vapore in modo che il pigmento naturale stampi i colori e le trame della natura sul tessuto. E alla fine combino i pezzi fra loro. Mi piace dare un nuovo significat­o a un materiale nobile ma non più necessario alle pecore e rendere omaggio ad una tradizione antica offrendo però qualcosa di fresco e contempora­neo».

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