Corriere della Sera

«Quando mi disse “preferiamo i dittatori di destra”»

- Di Maurizio Caprara

«All’uscita mi afferrò letteralme­nte per un braccio e mi trascinò in uno studio…». Ciriaco De Mita, 90 anni, segretario della Democrazia Cristiana dal 1982 al 1989 e presidente del Consiglio dall’aprile 1988 al luglio 1989, ebbe più occasioni di incontro con George H. W. Bush. I due si conobbero prima che l’ex direttore della Cia ed ex ambasciato­re all’onu fosse eletto presidente degli Stati Uniti. Ed è da quel periodo che partono i ricordi del capofila della sinistra democristi­ana italiana sul patriarca della più importante dinastia di repubblica­ni americani.

Dove la trascinò Bush?

«Nella prima metà degli anni Ottanta andai dall’allora presidente Ronald Reagan. Alla fine di un d

La famiglia

Mi confessò che sua madre lo trattava ancora come un bambino colloquio gli chiesi di occuparsi del Cile. Bush era vicepresid­ente. All’uscita mi afferrò letteralme­nte per un braccio e mi trascinò in uno studio».

Il Cile a quei tempi era ancora sotto la dittatura del generale Augusto Pinochet.

«Bush voleva sapere perché mi interessav­o di Cile. Provai a spiegarlo e mi disse: “Ma perché non si occupa della libertà di tutti i Paesi?” Risposi: “No, mi occupo di quelli nei quali c’è il problema della libertà”. La conversazi­one fu lunga. Poi Bush concluse: “Noi tra un dittatore di destra e uno di sinistra preferiamo un dittatore di destra”».

Come Pinochet. E lei?

«Per dare un’idea, io sono uno che dai giovani democristi­ani cileni ricevette la richiesta di 50 milioni di lire. Li volevano per aprire una radio clandestin­a. E alla direzione della Dc spiegai che avevo accettato di fornirli: perché se una radio o una tv per fare una rivoluzion­e costava 50 milioni, il costo della campagna per l’elezione di un consiglier­e comunale comportava la spesa di una cifra molto più alta».

Questo però immagino che non lo disse a Bush.

«Sui dittatori si era espresso in quel modo, ma dobbiamo evitare letture sbagliate. Più tardi, quando a causa di un problema interno la Dc cilena rischiava una rottura, gli americani mi chiamarono affinché io intervenis­si: sul Cile avevano cambiato posizione. Intervenni. La rottura nella Dc non ci fu».

Quando Bush era presidente e lei guidava il governo italiano, a Mosca Michail Gorbaciov aveva già compiuto la svolta che si sarebbe conclusa con il dissolvime­nto dell’unione Sovietica, anche se a inizio 1989 non era scontato che l’urss finisse come avvenne nel 1991. In quali termini ne parlavate?

«Una volta Gorbaciov voleva partecipar­e a un vertice del G7 (i sette Paesi con le economie più sviluppate del mondo, ndr). La premier britannica Margaret Thatcher si era espressa contro, io a favore. Alla fine non venne. Un’altra volta Bush prese in consideraz­ione una mia proposta sulle obiezioni del ministro degli Esteri tedesco a rinnovare i missili americani nel suo Paese. Agli Stati Uniti occorreva un rinnovo per dare il via a commesse. Io immaginai che la formula potesse essere decidere il rinnovo facendolo rimanere un atto amministra­tivo. Il rapporto confidenzi­ale si è realizzato poi a Parigi».

In occasione del G7 del 1989?

«Sì, dopo una discussion­e su Gorbaciov. In una pausa dei lavori mi fece una domanda molto strana: come mi considerav­a mia madre. Risposi: “Come un figlio”. Gli spiegai il rapporto. Bush disse: “Eppure mia madre mi considera ancora un bambino”. I nostri colloqui erano anche così. Facevo in modo che alle feste di compleanno potesse usare Aglianico dell’irpinia. Glielo fornivo tramite l’ambasciato­re».

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(Ap) Insieme Il presidente George Bush con la moglie Barbara e la fida cagnetta Millie

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