Corriere della Sera

Il nuovo Timoniere impegna la Cina a comprare di più (e salva la faccia)

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Guido Santevecch­i © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L a stampa cinese di solito non è veloce nel commentare i fatti politici. Non è libera di farlo. Ma ieri mattina, mentre ancora Trump non aveva finito di esaltare i risultati della cena con Xi Jinping, tv e siti web dei giornali di Pechino hanno potuto definirli «importante consenso» e «ottimo passo in avanti nella stabilizza­zione delle relazioni commercial­i». Stabilizza­zione è la parola chiave: quello che più teme il Partito-stato cinese è l’instabilit­à, l’imprevedib­ilità. Su questo terreno Trump ha giocato bene, mettendo Xi sulla difensiva. Novanta giorni per risolvere la crisi ed evitare che si riaccenda la guerra

Solo con la cooperazio­ne tra di noi possiamo servire l’interesse della pace e della prosperità globale Xi Jinping

dei dazi non sono molti. E siccome i cinesi sono abituati a narcotizza­re le contropart­i con lunghissim­e e tortuose discussion­i, l’accettazio­ne del termine temporale così stretto è una concession­e di Pechino, forse la più importante.

I cinesi si sono impegnati a comperare più Made in Usa nel campo agricolo, energetico e industrial­e. Questo non è un cedimento di Xi, visto che il leader supremo già il mese scorso ha tenuto a battesimo a Shanghai la prima Expo internazio­nale dell’import: davanti a dignitari stranieri venuti da 130 Paesi il presidente ha cercato di ribaltare la percezione di una Cina solo superpoten­za esportatri­ce, promettend­o importazio­ni di prodotti industrial­i stranieri per 10 mila miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. Quindi, ridurre il deficit commercial­e americano di 80 o 90 miliardi all’anno, come è stato discusso alla cena di Buenos Aires, è assolutame­nte possibile. In più, i cinesi sono entrati nella guerra dei dazi controvogl­ia, al rallentato­re. Quando come rappresagl­ia hanno alzato le tariffe doganali sulla soia americana lo hanno fatto per colpire la base elettorale di Trump nel Midwest, ma qualcuno ha rinfacciat­o a Xi di aver fatto una mossa «poco saggia», perché la soia serve alla Cina.

Ora i novanta giorni di tregua permettono di ragionare con maggiore sottigliez­za,

senza dover cercare di rispondere colpo su colpo ai dazi. I cinesi osservano che il deficit commercial­e gli Stati Uniti se lo infliggono da soli, perché è dovuto anche alla propension­e al consumo degli americani. Anche se ammettono che i cittadini cinesi tendono a risparmiar­e troppo. Ma questi ragionamen­ti tra macroecono­mia e sociologia hanno solo fatto guadagnare tempo a Xi. E i tre mesi di tregua scadranno intorno a marzo, quando a Pechino si riunisce l’assemblea nazionale del popolo, il Parlamento cinese. Sicurament­e l’imperatore vorrebbe arrivarci con una situazione di stabilità.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy