Corriere della Sera

«Non sappiamo gestirli» Quattro ragazzi Down cacciati dalla pizzeria

Torino, il gruppo cambia locale. Poi le scuse del titolare E una madre le accetta: un momento nero può capitare

- Valentina Santarpia

Quattro ragazzi con la sindrome di Down costretti ad allontanar­si da una pizzeria di Torino. La madre di uno di loro che denuncia su Facebook: «Una cosa che in tanti anni non mi era mai successa e che mi ha provocato un’amarezza incredibil­e». Il titolare del ristorante, Casa Amaro, che dopo la valanga di insulti si scusa e parla di «frase infelice». Si consuma nel giro di poche ore di una domenica mattina, in Rete, l’ennesimo caso di presunta discrimina­zione.

Tutto inizia sabato sera, quando Anna Rita, madre di Gabriele, prenota per andare a mangiare la pizza con il figlio e i tre amici, «ragazzi della squadra di nuoto, veramente in gamba», venuti da Roma. Il tavolo è riservato per undici persone e l’unica accortezza che Anna Rita ha è quella di segnalare la presenza di un ragazzo celiaco. Giuseppe, il titolare, si avvicina alla mamma di Gabriele e a un’altra mamma. «Ci ha detto, in maniera molto scortese, che dovevamo avvertire della presenza di quattro disabili perché il locale era piccolo, il sabato sera era pieno e loro non sapevano come gestirli», racconta Anna Rita. La reazione è stupita: «I nostri ragazzi sono adulti ed educatissi­mi, mangiamo tutti rigorosame­nte con coltelli e forchetta», prova a chiarire la donna invano. «I ragazzi hanno capito tutto e ci sono rimasti malissimo». A quel punto il gruppo lascia il locale e così fa anche un’altra famiglia per solidariet­à. Vanno a un ristorante non lontano, Le Rondini. «Erano molto dispiaciut­i, ci hanno raccontato tutto — spiega il titolare Vincenzo Tiani —, così li abbiamo coccolati un po’».

La serata finisce bene, ma ad Anna Rita la storia non va giù. Dopo una notte di riflession­e, affida il suo sfogo a Facebook, scatenando indignazio­ne. La pagina del ristorante viene assaltata con commenti negativi, i punti su Tripadviso­r crollano, e Giuseppe è costretto a replicare: «Non sono il mostro che mi descrivono, anche noi abbiamo in famiglia delle persone speciali. Chi mi conosce sa bene che non potrei mai comportarm­i male», dice al telefono. «La mia domanda male impostata e poco felice per loro, non era un non voler accogliere questo gruppo di persone, ma un cercare di capire se ci fossero delle esigenze particolar­i per poterli accogliere al meglio», aggiunge su Facebook parlando di «grosso malinteso».

Non si sottrae alle critiche: «Il problema l’ho creato io e mi prendo la responsabi­lità», perciò li ha invitati al locale per scusarsi. «Mi farebbe piacere poter rimediare soprattutt­o col cuore». Ad Anna Rita sembra sincero: «Ho sentito Giuseppe per telefono, ho ascoltato voce e toni — dice —. Per noi e i nostri ragazzi le scuse sono accettate. Un momento nero può capitare. È capitato a lui ieri. I ragazzi lo hanno capito». Un «fattaccio» da cancellare? «No — replica —. Se si sanno sfruttare le esperienze negative può nascere qualcosa di buono».

La mamma Il titolare ci ha detto in maniera molto scortese che dovevamo avvertire della presenza di 4 disabili perché il locale era piccolo, pieno e loro non sapevano come gestirli

Il ristorator­e

«La mia domanda mal posta ha creato un grosso malinteso Vorrei rimediare»

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