Il suggeritore è di nuovo qui Carrisi torna sul luogo del delitto
Esce per Longanesi il nono romanzo dello scrittore: viaggio negli abissi della paura (della vita reale e di quella virtuale)
L’arrivo di un estraneo che minaccia la serenità di una famiglia. È questa la prima paura, molte altre ne seguiranno, di cui si fa esperienza ne Il gioco del suggeritore, il nuovo thriller di Donato Carrisi, da oggi in libreria per Longanesi. La troviamo nelle pagine che aprono il romanzo, una sorta di prologo, e in quelle in cui fa il suo ingresso la protagonista. Nel primo caso, un’abitazione isolata in campagna dove vivono gli Anderson, una donna chiama la polizia perché un uomo, uno sconosciuto, sta immobile al buio sotto la pioggia davanti a casa, come una minaccia silenziosa; nel secondo caso, a rompere l’idillio domestico di una madre e una figlia è un ospite sgradito, legato al passato...
Ambientato ai nostri giorni in una generica località straniera il noir riprende nel titolo il primo libro di Carrisi (Il suggeritore) e rimanda alla stessa tipologia di serial killer subliminale: i suggeritori sono
Rimandi
«Il gioco del suggeritore» riprende la tipologia del serial killer protagonista del romanzo d’esordio, dieci anni fa
invisibili, quasi inafferrabili perché non uccidono in prima persona, lo fanno attraverso altri; scelgono un tramite, lo plagiano e lo convincono ad assecondare i propri istinti più oscuri.
Oltre al tipo di «cattivo» torna anche il personaggio di Mila Vasquez, allora poliziotta specializzata nella ricerca di minori scomparsi, oggi civile ritirata a vita privata in una casa in riva al lago dove il suo compito nell’immediato è cercare il gatto che è sparito: Mila ha creato un piccolo nido fuori dal mondo per tenere la figlia Alice, dieci anni, lontano dal male, ma anche per provare a curare un suo disturbo, il «gelo dell’anima», un analfabetismo emotivo che la fa essere incapace di esprimere emozioni e sentimenti, compresa la felicità di essere mamma.
L’estraneo rompe la serenità: per sempre nel caso della famiglia Anderson — all’arrivo della polizia, diverse ore dopo la chiamata, la casa viene trovata vuota ma con evidenti tracce che lì è avvenuto un massacro; per dodici ore, nelle intenzioni di Mila — questo il tempo che lei concede al suo ex capo venuto per chiederle in maniera ufficiosa una mano sul caso.
Il presunto responsabile è già stato arrestato, ma non vuole parlare e i corpi degli Anderson non si trovano: il corpo del possibile colpevole è interamente ricoperto di tatuaggi, soprattutto numeri, da cui il soprannome di Enigma; le poche lettere presenti formano però un nome: Mila.
A questo primo «messaggio» che risveglia nell’ex agente la voglia di saperne di più, se ne aggiungono altri che avvicinano il profilo di Mila a quello degli Anderson: entrambi hanno scelto di fuggire dal mondo, di vivere lontano dalla città e di fare a meno della tecnologia: tv, computer, smartphone, web, social network...
La sensibilità di uno scrittore di thriller sta nel far risuonare nelle sue storie le paure: quelle ataviche, assolute; e quelle, moderne, forse momentanee. Accade qui con una paura molto legata all’epoca in cui viviamo: quella del controllo. Telecamere, cellulari, automobili utilizzano tecnologie in grado di raccontare di ciascuno azioni, abitudini, comportamenti. La regola: per non cadere nella rete meglio stare lontano dalla Rete; da qui anche un gusto vintage che attraversa il romanzo (modelli di vetture, oggetti elettronici, programmi informatici degli anni Novanta).
L’indagine non autorizzata porta Mila a decifrare i rebus e a interpretare le informazioni cifrate di Enigma. E inconsapevolmente ad accettare la sfida lanciata dal diabolico avversario. Scopre che dietro la morte degli Anderson c’è un gioco crudele, un antiquato videogame messo online poco prima dell’inizio del nuovo millennio noto come l’altrove: permette di scatenare i peggiori istinti attraverso un avatar, un alter ego virtuale, mentre pillole di dro- ga sintetica rendono oggi il gioco più realistico e intenso. Altrove regala a chi ci entra «un’esperienza emotiva e sensoriale»; sesso, violenza, dolore — si può sperimentare ogni cosa e si può pure morire, davvero. Ma paradossalmente, chi giocando compie azioni malvage anziché liberarsi del proprio lato oscuro finisce per rafforzarlo fino a pensare che il crimine possa essere replicato anche nel mondo reale... Mila si muove a cavallo tra i due mondi, entrando e uscendo dal gioco per seguire tracce e trovare indizi.
La struttura del racconto replica quella del videogame: completata una prova si acquisiscono le informazioni per andare avanti. Così quando Mila crede di aver risolto l’enigma, ha solo terminato il primo quadro del gioco. E per di più, da lì in avanti in palio c’è la vita, la sua e quella di chi le sta attorno.
Sulle paure moderne Carrisi — il più americano degli scrittori di gialli italiani, capace di una scrittura rapida, veloce, asciutta, incisiva — ne innesta con efficacia altre, classiche: del buio, dell’ignoto, dei propri lati oscuri. Quando Mila apre una porta, sale le scale o si avventura da sola verso il fondo buio di una cantina, Carrisi è un maestro nel nascondersi negli angoli tenendo in tensione chi legge e facendolo sobbalzare appena si rilassa.
Il suggeritore dieci anni fa aveva fatto conoscere al grande pubblico l’esordiente Carrisi, entrando subito in classifica in Italia e diventando poi un bestseller internazionale; Il gioco del suggeritore (perfetto il titolo) oggi conferma il talento e lo spessore dell’autore: l’opera d’esordio aveva la sua originalità nel «creare zone d’ombra pian piano visibili» nei personaggi, come se «il male li avesse contagiati» (scriveva Giorgio De Rienzo sul «Corriere» del 20 gennaio 2009); oggi queste zone d’ombra si sono allungate, l’oscurità del male si è estesa: dal singolo alla società, dal mondo reale a quello virtuale, dai genitori ai figli. E Mila è tornata per condurci nel buio.