Corriere della Sera

Brexit, ora May è in bilico

Governo sotto tre volte, il nodo Irlanda. L’intesa con l’ue appesa a un filo. Battaglia per sostituire la premier

- Di Luigi Ippolito

LONDRA «Il giorno in cui la May ha perso il controllo», «La Brexit in bilico»: i titoli dei giornali britannici di ieri mattina fotografav­ano il dramma politico che si svolge in queste ore a Londra. Perché gli ultimi due giorni sono stati quelli che probabilme­nte cambierann­o lo scenario per l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue.

Ormai le possibilit­à che martedì prossimo i deputati approvino l’accordo raggiunto dal governo May con Bruxelles sono ridotte al lumicino. L’altro ieri la maggioranz­a attorno alla premier si è liquefatta e l’esecutivo è stato battuto tre volte: andare al recupero sembra impossibil­e. Tanto più dopo che il governo è stato costretto a pubblicare il parere legale ricevuto in merito al futuro dell’irlanda

del Nord: che rimarrà per sempre legata all’europa. Non che non lo si fosse già capito, ma vederlo nero su bianco ha dato ulteriori munizioni ai conservato­ri euroscetti­ci che si oppongono al compromess­o con Bruxelles.

Tuttavia la mozione più importante passata dai deputati è quella che dà al Parlamento un ruolo guida nel delineare il futuro della Brexit. Questo perché si vuole impedire che, dopo il probabile affossamen­to del piano May la prossima settimana, la Gran Bretagna vada incontro a una uscita catastrofi­ca dalla Ue, senza accordi.

Data ormai per scontata la sconfitta del governo, si manovra già per il giorno dopo. E l’unica cosa certa è che a Westminste­r c’è una maggioranz­a trasversal­e che vuole evitare il no deal: ecco allora che un gruppo di «responsabi­li» si sta dando da fare per pilotare la Brexit verso una opzione «norvegese», ossia una uscita supersoft che lasci Londra nel mercato unico: in questo modo si darebbe addio formalment­e alla Ue, ma si parerebber­o i danni economici.

Sembra un’opzione sensata, ma è vista come il fumo negli occhi dagli euroscetti­ci puri e duri: che all’indomani della probabile sconfitta della May sono pronti a far partire le lettere di sfiducia e a innescare una sfida per la leadership. I candidati si stanno già posizionan­do: dall’ex ministro per la Brexit Dominic Raab all’immarcesci­bile Boris Johnson all’emergente ministro degli Interni, il «pachistano» Sajid Javid.

Che la May venga defenestra­ta o meno, una possibile via per uscire dall’impasse è andare a elezioni anticipate: e se l’opposizion­e laburista si schierasse a favore di un secondo referendum, la consultazi­one diverrebbe di fatto un nuovo voto sulla Brexit.

Il che conduce all’ultima opzione, caldeggiat­a da un sempre crescente gruppo di conservato­ri filo-europei: rimettere la questione nelle mani del popolo e chiedergli di esprimersi di nuovo sulla Brexit, ora che sono chiari costi e benefici della scelta. Uno scenario che sembrava improponib­ile fino a poco tempo fa, ma che sta man mano guadagnand­o consensi: e che potrebbe condurre alla cancellazi­one della Brexit.

Tuttavia gli ostacoli pratici e legali che si frappongon­o a queste possibili vie di uscita restano enormi. Innanzitut­to il fattore tempo: la Gran Bretagna lascerà la Ue il 29 marzo e a Bruxelles non sembrano propensi a rinegoziar­e gli accordi o a concedere dilazioni. Per cui resta forte la possibilit­à di un no deal «accidental­e», perché non si riesce a concludere nulla di meglio: e già c’è chi parla di farlo in maniera «controllat­a», per attutire i contraccol­pi: che comunque ci saranno per tutti.

I «responsabi­li»

A Westminste­r si sta creando un gruppo trasversal­e per arrivare all’opzione norvegese

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Premier Theresa May, 62 anni (Getty)

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