LA TENTAZIONE DI SOSTITUIRE I TECNICI AL GOVERNO
L’ insistenza con la quale Luigi Di Maio e Matteo Salvini lodano la mediazione del premier Giuseppe Conte con l’europa non è del tutto innocente. L’obiettivo numero uno dei vicepremier è di tenere aperta la trattativa con la Commissione, sperando di evitare la procedura di infrazione contro una manovra finanziaria confusa e velleitaria. L’altra conseguenza, non è chiaro quanto intenzionale, è di delegittimare il ministro dell’economia, Giovanni Tria, spingendolo di fatto sull’orlo delle dimissioni. Anche ieri il capo leghista si è detto «ben contento» che sia Conte a mediare: aggiungendo con Di Maio che Tria rimarrà dov’è.
Eppure, il governo sembra lavorare da settembre per rendere un suo passo indietro tutt’altro che inverosimile. Fino a qualche settimana fa, si ipotizzava il cambio in alcuni ministeri dopo le Europee di maggio. Lo scenario era di una vittoria scontata per la maggioranza, con un riequilibrio dei rapporti di forza tra M5S e Lega; la sostituzione dei ministri tecnici con esponenti politici; e avanti fino al 2020 almeno. Ma il conflitto con la Commissione e i Paesi dell’unione europea, l’isolamento dell’italia e gli sbalzi dello spread (la differenza tra interessi sui titoli di Stato italiani e tedeschi) stanno costringendo a rivedere il percorso.
Forse, anche ad accelerarlo. Con Tria c’è il gelo. La maggioranza gli imputa di avere condotto male tutta la trattativa, scoprendo le carte troppo presto. E la miscela tra le contraddizioni del titolare dell ’economia,e le difficoltà oggettive sulla manovra, lo hanno reso il capro espiatorio ideale. Quando Conte rivendica il proprio ruolo unico di mediatore, non esagera: Tria è stato emarginato dai due vicepremier. I Cinque stelle sarebbero pronti a cedere il passo a un ministro espresso direttamente dalla Lega.
Danno per scontato un risultato magro del Movimento alle Europee, e un’affermazione del Carroccio. Dunque, si preparano a tradurlo in posti di governo. E la vittima designata sarebbe Tria, che pure ieri è stato invitato a Roma da 27 ambasciatori dell’ue per parlare della manovra finanziaria. La prospettiva che perfino prima delle Europee l’esecutivo M5s-lega si trovi a dover cercare un nuovo ministro dell’economia, oggi appare meno campata in aria. Per paradosso, però, il cambio in corsa potrebbe creare più problemi di quanti ne risolva.
Al momento di formare il governo, si intuì quanto quel dicastero sia strategico per i rapporti con l’europa: tanto più con un governo dichiaratamente populista. Già in passato si disse che dopo di lui sarebbe arrivato un ministro comunque «di garanzia». Non è chiaro se e quanto oggi Tria lo sia ancora. Ma il problema rimane intatto: tanto più con Salvini, Di Maio e i loro ministri intenti a assicurare che reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni non saranno toccati per «non tradire gli elettori».