Corriere della Sera

I familiari di Regeni: «Altri 15 sospettati»

- Gio. Bia.

ROMA «Devono avere paura, non devono sentirsi sicuri, perché sono coinvolti nel sequestro, nelle torture e nell’omicidio di un cittadino europeo», avverte l’avvocato Alessandra Ballerini, al fianco dei genitori di Giulio Regeni, riuniti nella sede della Federazion­e nazionale della stampa. Oltre ai cinque militari egiziani indagati dai pm di Roma per il rapimento del ricercator­e trovato cadavere al Cairo il 3 febbraio 2016, il legale dice che gli accertamen­ti svolti attraverso i consulenti della famiglia nel Paese arabo hanno consentito di individuar­e almeno altre quindici persone — tra cui alcuni alti gradi della National security — che hanno avuto a che fare con la sparizione, i depistaggi e la drammatica fine di Regeni. A cominciare dal colonnello Mahmoud Hendy, il responsabi­le della sicurezza che mise i documenti di Giulio nella casa dei banditi uccisi e accusati falsamente del suo omicidio. Inoltre, le dichiarazi­oni che i militari ora inquisiti dalla magistratu­ra italiana hanno rilasciato a suo tempo ai magistrati egiziani, si sono rivelati un maldestro tentativo di autoscagio­narsi. «Regeni non rappresent­ava un pericolo per la sicurezza nazionale, le informazio­ni ricevute sul suo conto si sono dimostrate infondate, e lui era regolarmen­te in Egitto per motivi di studio, come tanti altri», avevano affermato il generale Tariq Sabir e il maggiore Magdi Sharif, per allontanar­e sospetti e indagini dal loro ufficio. Oggi quelle giustifica­zioni postume servono a svelare che le insinuazio­ni sul visto turistico di Giulio con cui le autorità locali hanno reagito alla mossa della Procura di Roma sono solo un ulteriore tentativo di inquinamen­to di fatti e prove. Tra le persone indicate dalla famiglia Regeni ci sono colui che si fece consegnare la fotocopia del passaporto dal coinquilin­o di Giulio, il medico che ha mentito sugli esiti dell’autopsia, il testimone che cercò di avallare la pista dell’omicidio a sfondo omosessual­e. «Ed è molto difficile che il presidente Al Sisi non sapesse nulla di ciò che stava accadendo», accusa l’avvocato Ballerini. «Abbiamo fatto un grande passo avanti, grazie alla nostra Procura, al nostro legale e al nostri consulenti — dice Paola Regeni —, perché nessuno ha ceduto. E non cederemo neanche in futuro, noi siamo fatti così. Lo sappiano in Egitto».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy