BONISOLI TEMPOREGGIA E NON SCEGLIE GLI ESPERTI DEI BENI CULTURALI
L’Italia, un Paese paradossale. Mentre il Consiglio superiore della sanità viene revocato due anni prima della scadenza naturale, il Consiglio superiore dei beni culturali e paesaggistici — organismo consultivo di carattere tecnico-scientifico chiamato ad affiancare il Mibac — da giugno attende di essere nominato. Inoltre, siamo anche in attesa dell’insediamento dei Comitati tecnico-scientifici che affiancano il Consiglio. In questi mesi, il governo Salvinidi Maio ha deciso di intervenire (e di fare annunci) su tematiche di immediata efficacia popolare. Mostrando una drammatica disattenzione per i problemi (elettoralmente improduttivi?) della cultura, del patrimonio artistico, della tutela del territorio, della ricerca: nodi urgenti e decisivi per il Paese, che sono appena sfiorati nel contratto Lega-5 Stelle. Forse, è questa la ragione per cui è stato individuato come ministro una personalità perbene ma priva di peso politico come Alberto Bonisoli, la cui azione sembra essere caratterizzata da un paralizzante immobilismo. A sei mesi dall’arrivo in via del Collegio Romano, non sono ancora chiare le sue intenzioni. Finora egli ha assunto posizioni spesso ambigue e contraddittorie sulla gestione dei musei. E ha rimandato decisioni di rilievo strategico: proprio come quella di definire la governance del Consiglio superiore. In tanti si chiedono se Bonisoli si porrà in una condizione di continuità o di discontinuità rispetto alle scelte del suo predecessore, Dario Franceschini; se sarà in grado di proporre paradigmi culturali, amministrativi e organizzativi diversi; e se riuscirà a sottrarsi alla logica «barbarica» dell’azzeramento dei vertici delle nostre istituzioni (seguita alla Rai, all’agenzia spaziale, al Consiglio superiore della sanità). L’auspicio è che presto Bonisoli dismetta gli abiti del cunctator; si svegli da un lungo sonno; e compia atti concreti. Prima di diventare ministro-ombra di se stesso.