Corriere della Sera

L’addio orgoglioso di Angela «Ho difeso i nostri valori per non fare la fine della Dc»

- DAL NOSTRO INVIATO P. Val.

È finita dove tutto era iniziato. È finita a pochi chilometri dalla casa di Isestrasse 95 dove Angela Dorothea Kasner è nata 64 anni fa. È finita con mille delegati in piedi che applaudono per oltre 10 minuti la donna che li ha guidati per 18 anni, cambiando per sempre la Cdu tedesca e traghettan­dola nel terzo millennio.

Angela Merkel lascia con le lacrime agli occhi la presidenza dell’unione cristiano-democratic­a, primo passo del suo lungo addio al potere. Ha appena concluso un discorso storico, l’orgogliosa rivendicaz­ione della propria leadership e dei propri successi, il passaggio della torcia a una nuova generazion­e di dirigenti, che ha spronato ad affrontare unita le sfide del mondo in tumulto.

È stata autoironic­a, a tratti sferzante e dura, brillante come ormai spesso le accade da quel 29 ottobre, quando ha annunciato il gran rifiuto.

Fu «un’ora del destino» quella che nel 2000 la vide prendere la guida della Cdu, confinata all’opposizion­e e inquinata dall’affare dei fondi neri di Helmut Kohl: «Rischiavam­o di fare la fine della Dc italiana. Ma abbiamo combattuto e siamo riusciti a venir fuori da una crisi morale, politica e finanziari­a». Un ricordo al veleno per Wolfgang Schäuble, seduto a pochi metri, che da quello scandalo venne travolto.

La difesa dei valori cristiani e democratic­i è la bussola imprescind­ibile di Angela Merkel. Ma questi vanno calati in uno scenario drammatico, segnato dal populismo che radicalizz­a la lotta politica, dalla contestazi­one del multilater­alismo, dalle guerre commercial­i, dai cambiament­i climatici, dal terrorismo e dalle minacce ibride: «Come i Nibelunghi, dobbiamo affrontare il futuro con nuovi volti, nuove strutture ma con gli stessi valori», ha detto Merkel con una concession­e al debole per Wagner e i suoi miti.

A chi l’ha criticata per la sua eterna ricerca della mediazione, rimprovera­ndole di aver smarrito le radici conservatr­ici del partito, la cancellier­a ha ricordato che «la politica è guardare il mondo anche con gli occhi degli altri, sapendo che non è in bianco e nero ma ha molte sfaccettat­ure e colori». E i cristiano-democratic­i «non escludono nessuno, non danno risposte facili ma credono nel compromess­o», coscienti che «non ci siano differenze nella dignità delle persone».

Quanto alla madre di tutte le decisioni, l’apertura delle frontiere a oltre 1 milione di rifugiati nel 2015, Merkel non si è pentita: «Era giusto accoglierl­i, ma sono anche fiera del fatto che siamo riusciti a farlo in modo ordinato». Ha chiuso con l’umiltà e l’understate­ment che rimangono la sua cifra migliore: «Non sono nata cancellier­a né presidente della Cdu, ma ho sempre cercato di svolgere con onore e dignità i miei incarichi e con onore e dignità intendo lasciarli. Provo un senso di gratitudin­e. È stata per me una gioia e un grande onore». L’hanno applaudita tutti, tranne uno: Wolfgang Schäuble è rimasto di pietra. Certe ferite non si rimarginan­o mai.

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