Corriere della Sera

Nadia e il naufragio dei diritti umani

A 70 anni dalla dichiarazi­one universale Onu viene criminaliz­zato chi li difende

- Di Donatella Di Cesare e Viviana Mazza

Il 10 dicembre 1948 l’assemblea generale delle Nazioni Unite votò la Dichiarazi­one universale dei diritti umani. Settant’anni dopo il mondo si interroga e si chiede se il testo venga davvero rispettato. E il Nobel, assegnato oggi all’attivista yazida Nadia Murad, forse non basta.

Sono trascorsi settant’anni da quando l’assemblea generale della Nazioni Unite votò la Dichiarazi­one universale dei diritti umani. Era il 10 dicembre 1948 e il mondo non voleva né poteva dimenticar­e quegli orrori della Seconda guerra mondiale, che non avrebbero più dovuto ripetersi. Da quel proposito nacque un testo costituito da trenta articoli in grado di garantire giustizia, dignità, opportunit­à, e impedire qualsiasi discrimina­zione. Libertà per la persona, rispetto per la vita di ciascuno.

Nel celebrare oggi quella scelta, non si può fare a meno di constatare il naufragio dei diritti umani, soprattutt­o negli ultimi anni. Anziché essere protetti, rafforzati, estesi, quei diritti sono stati apertament­e attaccati oppure nascostame­nte minati. Non solo nei regimi totalitari, ma anche nelle democrazie liberali.

I motivi del naufragio sono molteplici. Alcuni sono insiti già nel testo. Pur restando un documento fondamenta­le, il codice dei diritti umani è il prodotto dell’occidente illuminato. Con il tempo ha finito per rivelarsi una sorta di lingua artificial­e, priva di spessore storico. Non è un caso che i vari articoli siano stati intesi diversamen­te malgrado la loro pretesa universali­tà. Non pochi conflitti d’interpreta­zione sono poi degenerati in veri e propri scontri bellici. Ma c’è di più. Quel codice universale sembra scaturito da un’etica che promette solo legami astratti. D’altronde i diritti hanno un’impronta fortemente individual­istica: è il singolo ad essere il protagonis­ta. Il ruolo della comunità, che oggi appare sempre più decisivo, è invece trascurato.

All’astrattezz­a filosofica e alla vaghezza giuridica si aggiunge un motivo più prettament­e politico: quei diritti sono destinati a restare sulla carta, perché gli Stati, pur aderendo idealmente, non sono obbligati a rispettarl­i. Manca, dunque, l’obbligator­ietà. Perciò gli esempi di diritti negati sarebbero innumerevo­li.

Che ne è ad esempio del diritto alla libertà, alla vita, al movimento? Nella nuova età dei muri e del filo spinato questi diritti sono sistematic­amente violati. Anzi la violazione è eretta a sistema politico. La libertà di muoversi si arresta al confine.

Sempre più acuto è il contrasto, lasciato in eredità dalla Rivoluzion­e francese, fra i diritti dell’uomo e quelli del cittadino. I diritti umani valgono solo se si possiedono i privilegi del cittadino. Chi non ha cittadinan­za, un passaporto da esibire, lo scudo di uno Stato-nazione, non ha protezione giuridica. Di nuovo: è lo Stato sovrano che detta legge. Lo aveva denunciato Hannah Arendt reclamando, con una formula divenuta celebre, un «diritto ad avere diritti». Perché si tratta del diritto all’appartenen­za, la cui negazione costituisc­e la frontiera della democrazia.

Infatti a proteggere è il diritto, non l’umanità. Così, chi non è coperto da bandiere e drappi, chi è più esposto nella propria nuda umanità, non può paradossal­mente avere protezione. I diritti umani, inalienabi­li, irriducibi­li, non derivanti da alcuna autorità, sono allora condannati a naufragare. E con loro gli esseri umani respinti, banditi nell’inumano.

Sappiamo bene che i diritti umani furono proclamati dopo la Shoah che aveva inferto una ferita profonda, per molti versi irreparabi­le, alla dignità umana. Ma che cosa vuol dire «dignità»? Non comportars­i come se si fosse nessuno, come se si fosse una cosa e non una persona. Compito, allora, affidato alla comunità, prima che al singolo. Ma soprattutt­o che cosa vuol dire «umanità»? Condivisa, ma sfuggente, la parola assume valore – ce lo insegna Primo Levi – nei casi

Per i cittadini I diritti umani valgono solo se si possiedono i privilegi del cittadino: sono nulli se si è privi di nazionalit­à

di estrema umiliazion­e, di offesa, avviliment­o, oltraggio.

Il divario sempre più ampio è ormai quello tra la sfera politica, dominata dagli Stati, e l’azione umanitaria. Si spiega così la difficoltà in cui si dibattono gli enti sovranazio­nali e soprattutt­o le organizzaz­ioni umanitarie. A cominciare da quelle che si occupano dei rifugiati. Proprio perché dovrebbero operare tra gli Stati, non solo sono costrette all’impotenza, ma vengono continuame­nte delegittim­ate e diffamate. È l’effetto di questi tempi in cui è diffuso un oscuro e inquietant­e sovranismo: non la tutela e l’applicazio­ne dei diritti umani, bensì, al contrario, la criminaliz­zazione di chi li difende.

 ??  ?? Nadia Murad, 25 anni, è un’attivista per i diritti umani irachena yazida. Le è stato assegnato il Nobel per la pace
Nadia Murad, 25 anni, è un’attivista per i diritti umani irachena yazida. Le è stato assegnato il Nobel per la pace

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