Deficit, Roma e Bruxelles ancora lontane La Commissione vuole tagliare lo 0,6%
Non dovevano, non nelle intenzioni e nelle apparenze politiche della vigilia. Inevitabilmente, però, le vicende dell’italia e della Francia, oggi guidate da leader che si considerano avversari in Europa, finiscono con l’intersecarsi con esiti poco prevedibili. Uno di questi, però, sembra oggi più concreto di altri: vedere che a Parigi il presidente Emmanuel Macron risponde alla protesta dei gilet gialli facendo salire il deficit incoraggia, a Roma, Luigi Di Maio e Matteo Salvini a resistere alle richieste di risanamento della Commissione Ue. Né l’uno, né l’altro, fra i vicepremier, vuole apparire da meno del loro rivale di Parigi. Di certo da ieri entrambi contano sul fatto che Bruxelles non potrebbe colpire l’italia con una procedura sui conti, se rinunciasse a farlo per la Francia.
Da ieri, però, dopo gli annunci di Macron a favore del potere d’acquisto dei redditi bassi e medi, anche un altro scenario diventa possibile: se la Francia riuscisse a evitare la procedura di Bruxelles, ma l’italia no, Di Maio e Salvini sarebbero pronti a lanciare a una campagna per le elezioni europee imperniata sul tema di una discriminazione, vera o presunta, ai danni di Roma. Sotto i piedi dei vicepremier si aprirebbe un nuovo giacimento di consenso e di voti.
Così le conseguenze economiche dei gilets jaunes incrociano quelle del populismo italiano proprio ora che il tempo stringe. Mancano ventiquattr’ore al momento in cui Giuseppe Conte, il primo ministro, dovrà mostrare le sue carte a Jean-claude Juncker, Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici. Il presidente della Commissione, il vicepresidente per l’euro e il commissario agli Affari economici sono uniti da una definizione ormai precisa di ciò che serve perché l’italia blocchi l’innesco di una procedura sui conti già il 19 dicembre: di fatto nessuna stretta ai conti rispetto a quest’anno; ma rispetto al progetto di bilancio per il 2019, il governo dovrebbe ridurre il deficit almeno dello 0,6% del prodotto lordo. In sostanza, Salvini e Di Maio dovrebbero rinunciare a 10,1 miliardi dai 16 previsti per le spese sul reddito di cittadinanza e per la (parziale) retromarcia sulla riforma delle pensioni.
A ieri nel tardo pomeriggio questa è la dimensione dello sforzo richiesto al governo, e per adesso non ci siamo. L’italia non è ancora neppure vicina a queste concessioni. In al-
Effetto Macron Parigi verso l’aumento del deficit e l’italia medita di sfruttare l’«effetto Macron»