Corriere della Sera

Deficit, Roma e Bruxelles ancora lontane La Commission­e vuole tagliare lo 0,6%

- di Federico Fubini

Non dovevano, non nelle intenzioni e nelle apparenze politiche della vigilia. Inevitabil­mente, però, le vicende dell’italia e della Francia, oggi guidate da leader che si consideran­o avversari in Europa, finiscono con l’intersecar­si con esiti poco prevedibil­i. Uno di questi, però, sembra oggi più concreto di altri: vedere che a Parigi il presidente Emmanuel Macron risponde alla protesta dei gilet gialli facendo salire il deficit incoraggia, a Roma, Luigi Di Maio e Matteo Salvini a resistere alle richieste di risanament­o della Commission­e Ue. Né l’uno, né l’altro, fra i vicepremie­r, vuole apparire da meno del loro rivale di Parigi. Di certo da ieri entrambi contano sul fatto che Bruxelles non potrebbe colpire l’italia con una procedura sui conti, se rinunciass­e a farlo per la Francia.

Da ieri, però, dopo gli annunci di Macron a favore del potere d’acquisto dei redditi bassi e medi, anche un altro scenario diventa possibile: se la Francia riuscisse a evitare la procedura di Bruxelles, ma l’italia no, Di Maio e Salvini sarebbero pronti a lanciare a una campagna per le elezioni europee imperniata sul tema di una discrimina­zione, vera o presunta, ai danni di Roma. Sotto i piedi dei vicepremie­r si aprirebbe un nuovo giacimento di consenso e di voti.

Così le conseguenz­e economiche dei gilets jaunes incrociano quelle del populismo italiano proprio ora che il tempo stringe. Mancano ventiquatt­r’ore al momento in cui Giuseppe Conte, il primo ministro, dovrà mostrare le sue carte a Jean-claude Juncker, Valdis Dombrovski­s e Pierre Moscovici. Il presidente della Commission­e, il vicepresid­ente per l’euro e il commissari­o agli Affari economici sono uniti da una definizion­e ormai precisa di ciò che serve perché l’italia blocchi l’innesco di una procedura sui conti già il 19 dicembre: di fatto nessuna stretta ai conti rispetto a quest’anno; ma rispetto al progetto di bilancio per il 2019, il governo dovrebbe ridurre il deficit almeno dello 0,6% del prodotto lordo. In sostanza, Salvini e Di Maio dovrebbero rinunciare a 10,1 miliardi dai 16 previsti per le spese sul reddito di cittadinan­za e per la (parziale) retromarci­a sulla riforma delle pensioni.

A ieri nel tardo pomeriggio questa è la dimensione dello sforzo richiesto al governo, e per adesso non ci siamo. L’italia non è ancora neppure vicina a queste concession­i. In al-

Effetto Macron Parigi verso l’aumento del deficit e l’italia medita di sfruttare l’«effetto Macron»

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