Di Maio alla Lega: «Da me i fatti» E Salvini: «Referendum sulla Tav»
Nuovo duello tra i vicepremier. Appendino battuta nella città metropolitana: sì da 169 sindaci
ROMA A sentire i rispettivi staff Matteo Salvini e Luigi Di Maio continuano ad andare d’amore e d’accordo. Nessuna polemica, nessuna tensione che possa anche solo incrinare i rapporti tra i due vice di Giuseppe Conte. Ma basta leggere le dichiarazioni pubbliche per rendersi conto di quanto alto sia il livello dello scontro, dalle imprese all’alta velocità Torino-lione. Due giorni fa il leader della Lega ha incontrato al Viminale i vertici di 14 sigle imprenditoriali, anche il presidente di Confindustria. Per Vincenzo Boccia l’attenzione del governo è «un cambio di passo». Ma la mossa ha provocato la gelosia di Di Maio. «Io scavalcato da Salvini? Tutti i ministri hanno il dovere di incontrare sempre le imprese», risponde il capo politico del M5S. Pochi secondi di pausa, ed ecco la gomitata virtuale all’altro vicepremier: «Come ha detto il presidente Boccia ci aspettano i fatti e i fatti si fanno al Mise, perché è il Ministero dello Sviluppo che si occupa delle imprese».
Ed è in via Veneto che oggi Di Maio incontrerà 30 sigle imprenditoriali. Il triplo, sottolinea, delle «poco più di dieci» viste da Salvini. Nel duello per far pace con le imprese, l’obiettivo di Di Maio è creare un tavolo permanente che gli consenta di annunciare novità positive su costo del lavoro, pagamento dei debiti della PA e sburocratizzazione. Un paio d’ore dopo, nella sede di Assolombarda, il ministro dell’interno rilancia: «Di Maio? A me interessa la sostanza. Io incontro, ascolto, trasferisco, riferisco, propongo, miglioro... A me interessa che il governo nel suo complesso aiuti gli italiani, poi ognuno fa il suo». Come a dire che lui continuerà a muoversi a tutto campo, senza troppo curarsi di non pestare i piedi all’«amico Luigi». Gli spin doctor della Lega assicurano che «non c’è alcuna polemica» sulle imprese e Di Maio smentisce litigi, ricordando come il rapporto abbia «superato grandi difficoltà». Ma anche sulla Tav, i due azionisti di maggioranza del governo giocano da avversari. È ancora Salvini a sparigliare. Stufo di aspettare il responso dei tecnici, il «capo» leghista entra a gamba tesa nel territorio dei No Tav e indica la via di un referendum: «Se non si arrivasse Matteo Salvini
A me interessa che il governo aiuti gli italiani, poi ognuno fa il suo
a una decisione, chiederei ai cittadini cosa ne pensano. Io? Tifo sì». Parole che fanno infuriare i 5Stelle. C’è chi si chiede se Salvini sia diventato anche ministro dei Trasporti e chi ricorda come nel contratto di governo ci sia scritto «costi– benefici e non referendum». Finché Di Maio, su Rete4, avverte: «Il referendum non lo può decidere un ministro, ma lo devono richiedere i cittadini». A quel punto, lui non si opporrebbe. A innescare il duello è stato il voto dei sindaci della Città metropolitana di Torino. Dei 193 presenti, 169 hanno detto sì alla Torino—lione, mentre 14, tra cui Chiara Appendino, non hanno partecipato. «Un atto politico con cui una parte del territorio ha espresso la sua opinione» ha commentato la sindaca, osservando come i sì siano stati «169 su 316 Comuni».