Corriere della Sera

La ragazzina svegliata dal coma «Ricordo solo l’attesa del concerto»

- DALLA NOSTRA INVIATA AD ANCONA

«Da quest’anno si cambia. Per mia figlia festeggere­mo due compleanni: uno il 24 settembre, quando è nata, e un altro il 9 dicembre, quando si è svegliata dal coma». La voce di Pierpaolo arriva dalla camera dell’ospedale di Ancona in cui è ricoverata la sua secondogen­ita, 15 anni. È arrivata assieme ai feriti più gravi rimasti schiacciat­i da quel groviglio di ragazzini caduti l’uno sull’altro davanti alla discoteca. Per due giorni lei è stata in coma farmacolog­ico e suo padre è stato in apnea. «Non sapevo nemmeno di esistere. Era come se vivessi un tempo sospeso, avevo un tale sgomento addosso...». Poi finalmente i medici hanno telefonato: «Si è svegliata». E le ore hanno ripreso a scorrere. «Adesso so che ce la farà anche se per il momento non ricorda nulla. Sa soltanto di essere caduta ma non ha ancora messo a fuoco il dramma di quella sera. Gli psicologi ci dicono di non forzarla, che pian piano la memoria tornerà. Al momento il solo ricordo sull’argomento è stato: “Dovevo andare al concerto”». Pierpaolo ha 51 anni ed è un brigadiere dei carabinier­i in servizio in un comune del Pesarese. «Per lavoro mi è capitato di vedere scene tragiche — racconta —. Morti in casa, incidenti stradali. Sono andato incontro tante volte a parenti distrutti, pieni di ansia e speranza nello stesso tempo. Stavolta ero io quel parente distrutto». Quando gli hanno detto «è successo qualcosa di grosso alla discoteca», Pierpaolo ha cominciato a

chiamare sua figlia. «Ha fatto tanti squilli a vuoto finché non mi ha risposto la voce di un ragazzo. Gli ho chiesto: perché hai il cellulare di mia figlia? E lui: l’ho visto per terra e ho risposto, qui è successo un macello, sono scappati tutti fuori, ci sono feriti, morti. Non credo si possa immaginare cosa prova un padre in un momento così... Gli ho urlato: passa a un adulto ‘sto telefono, fammi capire che sta succedendo. Ma era sconvolto, deve aver buttato giù o è caduta la linea. Allora ho chiamato i colleghi ma anche loro erano appena arrivati, era successo da pochi minuti e non c’erano ancora notizie certe». L’unica era infilarsi in macchina e correre lì. «Praticamen­te ho volato, la strada era una pista di formula uno. Quando sono arrivato ho visto genitori che cercavano figli e figli che cercavano genitori, ragazzi abbracciat­i, in lacrime, ragazzi feriti. Ho cercato mia figlia con il cuore in gola e poi l’ho vista per terra, immobile. “Oddio, questa è la mia” ho detto all’uomo che le teneva su la testa. Mi ha risposto: respira, sta tranquillo. Non mi scorderò mai di quell’istante». I due

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