Corriere della Sera

I parenti: «Speriamo che sia solo una bravata»

La storia dei Di Consiglio dal negozio di stoffe all’eccidio, fino al viaggio per stanare Priebke

- M. E. F.

ROMA Venti vite spezzate tra il rastrellam­ento del Ghetto di Roma, il 16 ottobre del 1943, e l’eccidio delle Fosse Ardeatine, il 24 marzo 1944. Sono commercian­ti di stoffe, i Di Consiglio, che nel palazzo in via della Madonna dei Monti, l’ex Suburra alle spalle del Colosseo, si dividono tra lavoro e vita domestica: il negozio affaccia su strada, la casa sul retro. I genitori, Mosè e Orabona, hanno 10 figli: tra loro Ester, madre di Giulia Spizzichin­o, che si è battuta fino alla morte, nel 2016, per difendere la memoria dei suoi cari. È grazie a lei, che nel ‘94 è volata in Argentina per stanare l’ufficiale nazista Erich Priebke dall’esilio dorato, se l’ex capitano delle SS è stato estradato in Italia e condannato all’ergastolo. Autrice del libro La farfalla impazzita, Giulia si salva grazie all’intuizione del padre Cesare, ma non può dimenticar­e lo sterminio di nonni e familiari: sette di loro uccisi alle Fosse Ardeatine, altri 19 deportati nel campo di concentram­ento di Auschwitz.

Suo cugino Marco Di Consiglio, classe 1946, ha la fortuna di nascere due anni dopo quei fatti atroci: «Mio padre Aldo, fratello della madre di Giulia, era scappato con la fidanzata nella Marche, così riuscirono a salvarsi — racconta —. Seppe del massacro per caso, dai partigiani. Venne a Roma, ma non trovò più nessuno».

Per scacciare l’ipotesi del gesto antisemita, che al solo pensiero gli dà i brividi, Marco spera si tratti «solo» di un furto: «Aspetto che le indagini facciano il loro corso e mi auguro che le pietre vengano ritrovate, anche se ci credo poco. Per me sono un simbolo importanti­ssimo, indicano la casa dove è nato e vissuto mio padre fino al ‘43, quando fu messa una taglia per chiunque avesse segnalato cittadini ebrei ai tedeschi. Mio nonno Mosè assieme al genero e cinque figli furono fucilati alle Fosse Ardeatine, donne e bambini morirono ad Auschwitz». Suo nipote Marco junior, 23 anni, ultimo dei Di Consiglio, si dice «sconcertat­o». Vuole convincers­i che sia stata una bravata, perché «sentir parlare di antisemiti­smo nel 2018 sarebbe ridicolo, una vergogna».

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Discendent­e MarcoDi Consiglio, 72 anni, è nato due anni dopo l’eccidio delle Fosse ardeatine

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