Corriere della Sera

CONTRO LE VIOLENZE DEI GILET GIALLI LE CONDANNE SONO POCHE

- di Stefano Montefiori

Impauriti dall’accusa incombente di far parte dell’élite rammollita e staccata dal popolo, nelle scorse settimane molti politici e commentato­ri francesi hanno dimenticat­o di ribadire quel che un tempo sembrava ovvio: e cioè che non è ammissibil­e insultare ebrei, neri, musulmani, omosessual­i in quanto tali, e saccheggia­re i negozi, bruciare le auto, dare l’assalto ai poliziotti e intimidire i cittadini che rifiutano il «gilet giallo». Sui cavalcavia delle autostrade appaiono scritte come «Macron prostituta degli ebrei», automobili­sti neri vengono invitati a «tornare a casa loro», il segretario di Stato Mounir Mahjoubi è additato perché «omosessual­e e musulmano», e sulla copertina di «Paris Match» appare trionfalme­nte in gilet giallo Hervé Ryssen, pluriconda­nnato antisemita negazionis­ta: un infortunio, ma significat­ivo. C’è una forma di fascinazio­ne pigra per questo clima culturale in cui alcuni si sentono legittimat­i a commettere violenze verbali e fisiche con la stessa soddisfazi­one liberatori­a che proverebbe un bambino finalmente autorizzat­o a mettersi le dita nel naso. Quando nel 1993 Robert Hughes pubblicò «La cultura del piagnisteo - La saga del politicame­nte corretto», la sua tirata contro l’ipocrisia delle anime belle era stimolante, anche se già allora discutibil­e. Venticinqu­e anni dopo, l’occidente stanco che magari si sottomette­rà anche, un giorno, all’islam come da profezia di Michel Houellebec­q, si lascia affascinar­e, qui e subito, da barbari che tradiscono ugualmente i suoi valori. Verrebbe da rimpianger­e il politicame­nte corretto, se non fosse troppo fuori moda.

@Stef_montefiori

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