Corriere della Sera

GLI INGANNI DEL SAPERE

LA RETE DIFFONDE UNA CONOSCENZA FINTA QUELLA VERA RICHIEDE FATICA (E ASCOLTO)

- di Ermanno Bencivenga

La velocità e l’efficienza del web rubano il tempo alla messa in comune di strategie, esperienze e pensiero

L’iniziativa Parte oggi un ciclo di incontri organizzat­i da Fondazione Feltrinell­i con Eni, dedicati al valore delle competenze in diversi campi. Un filosofo spiega perché la condivisio­ne continua dei dati genera (paradossal­mente) conflitti

Platone e Aristotele hanno posto il problema di un sistema politico, uno Stato, che fosse uno solo di nome ma che di fatto risultasse da un conflitto inesauribi­le fra interessi e gruppi contrappos­ti. Si sono chiesti come conciliare le divisioni e hanno risposto in modo diverso. Platone ha invitato a distrugger­e le famiglie biologiche per ricostitui­re lo Stato come una grande famiglia; Aristotele ha teorizzato la philía — il reciproco, consapevol­e volersi bene — come sentimento unificante.

Se pure rifiutiamo gli Stati ideali dei grandi filosofi greci, rimane vero che una comunità sarà tanto più stabile e funzionale quanto più sarà esente da conflitti: quanto meno i diversi si balcanizze­ranno in gruppi reciprocam­ente sospettosi e ostili che preferisco­no la rovina degli avversari a un successo comune. Non c’è bisogno di guardare all’italietta dei populismi di ogni colore per rendersi conto del rischio; i cosiddetti Stati Uniti sono sotto gli occhi di tutti come emblema di divisione — di un regime condannato all’immobilism­o e alla rissa perpetua dalla sua incapacità assoluta di comunicare, di mettere in comune qualsiasi scopo, percorso o decisione.

Come sfuggire a questo obbrobrio? Una risposta plausibile è: con la conoscenza. Più si conoscerà il diverso, meno se ne avrà paura. Una distribuzi­one ampia e capillare della conoscenza sembra essenziale per una buona politica e, avendo raggiunto tale responso, potremmo congratula­rci con noi stessi perché la distribuzi­one è già in corso: la fornisce a modico prezzo la Rete.

Ma la gioia avrà vita breve, quando osserverem­o che la spaventosa efficienza della Rete nel raccoglier­e e disse- minare informazio­ni è andata di pari passo con il degrado della vita politica che lamentavam­o poc’anzi. Dove abbiamo sbagliato? Per rispondere, analizziam­o il concetto di conoscenza.

È un concetto ambiguo. Esiste una conoscenza proposizio­nale — in inglese, know that — in cui quel che si conosce è il contenuto, il significat­o di una proposizio­ne, generalmen­te chiamato un fatto o un dato. Ed esiste una conoscenza operativa — in inglese, know how — in cui quel che si conosce è una pratica, un modo di agire.

La conoscenza che si è affermata nel mondo contempora­neo, e nella Rete, è proposizio­nale. È una conoscenza eminenteme­nte trasmissib­ile, perché astratta: non occupa lo spaziotemp­o ed è disponibil­e a essere fruita in qualsiasi momento, dovunque uno sia. La conoscenza operativa, invece, può essere trasmessa solo con fatica. Supponiamo che tu sappia ballare il tango e voglia trasmetter­e questa conoscenza a me. Perché ciò accada, saranno necessarie numerose e coscienzio­se lezioni in cui mi mostri concretame­nte come muovermi e mi segui mentre cerco di imitarti, correggend­omi con pazienza se sbaglio. Qual è, delle due, la conoscenza che può meglio contribuir­e a una buona politica?

Abbiamo detto che una comunità sarà tanto più stabile e funzionale quanto meno la diversità dei cittadini si manifester­à come conflitto. Pensiamo a quando la conoscenza ottiene un risultato simile. È quando si comincia a conoscersi, come persone: incontrars­i e collaborar­e a un progetto e imparare l’una le tecniche dell’altra come si imparerebb­e a ballare il tango. È la conoscenza operativa che smussai conflitti. Io posso sapere proposi zi on alm ente ogni dettaglio di un mio simile e non essere mosso ad aiutarlo perché le parole che leggo o ascolto non accendono nessuna scintilla di umanità dentro di me, quale potrebbe accendersi se gli stringessi la mano.

La Rete va dunque nella direzione sbagliata, se libertà, responsabi­lità e consapevol­ezza individual­i, e unità e stabilità dello Stato sono i nostri obiettivi. Non dovremmo stupirci se, di pari passo con l’avanzament­o verso una condivisio­ne totale di dati, imperversa­no l’egoismo, la xenofobia, la violenza. Dovremmo anzi inquietarc­i quando notiamo che la velocità e l’efficienza della Rete rubano il tempo alla messa in comune di strategie ed esperienze e anche, come ho spiegato nel mio La scomparsa del pensiero, al ragionamen­to, alla riflession­e, al pensiero appunto. Che, in tal senso, la Rete è non solo un concorrent­e, ma pure un nemico.

 ??  ?? Il luogo Il nuovo edificio dove la Fondazione Giangiacom­o Feltrinell­i ha trasferito la sua sede, inaugurato il 13 dicembre 2016, sorge nell’area di Porta Volta tra Viale Pasubio e Viale Crispi a Milano. Si sviluppa su circa 2.700 metri quadrati su cinque piani ed è affiancata da un edificio di Microsoft. Il progetto architetto­nico è firmato dallo studio internazio­nale di architettu­ra Herzog & de Meuron Foto: Mario Carrieri
Il luogo Il nuovo edificio dove la Fondazione Giangiacom­o Feltrinell­i ha trasferito la sua sede, inaugurato il 13 dicembre 2016, sorge nell’area di Porta Volta tra Viale Pasubio e Viale Crispi a Milano. Si sviluppa su circa 2.700 metri quadrati su cinque piani ed è affiancata da un edificio di Microsoft. Il progetto architetto­nico è firmato dallo studio internazio­nale di architettu­ra Herzog & de Meuron Foto: Mario Carrieri
 ??  ?? ● Il testo è un estratto della «lecture» di Ermanno Bencivenga (professore di filosofia all’università della California) che apre il ciclo Le conseguenz­e del futuro
● Il testo è un estratto della «lecture» di Ermanno Bencivenga (professore di filosofia all’università della California) che apre il ciclo Le conseguenz­e del futuro

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