Per non tornare a dire che il mondo è piatto
N on anticipare, né costruire. Bensì curare il futuro. Un concetto fortissimo che manifesta l’incontrovertibilità del domani che è già oggi. E del presente che è strumento imprescindibile per restituire un futuro sano, guarito dai disastri ormai compiuti.
Le vediamo già adesso, dunque, «Le conseguenze del futuro». Uno dei sei temi proposti dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli in collaborazione con Eni sarà «Cibo. La giusta risorsa» e ne parlerà il prossimo 7 maggio l’inglese Raj Patel, economista, giornalista e attivista contro la fame nel mondo. Dramma che va affrontato «non semplicemente producendo più cibo, ma coltivando la democrazia. La promessa della democrazia è che ogni voce conti allo stesso modo, e affinché ciò accada la disuguaglianza deve finire», spiega Patel.
Bisogna allora ripensare le attuali strutture economiche e sociali?
«La recente ricerca economica ci incoraggia a scegliere tra due opzioni: crescita continua del Pil o un pianeta su cui poter vivere. Se dobbiamo allontanarci dalle logiche del capitalismo, del libero mercato ed evitare l’estinzione, dobbiamo sapere che ci sono modi
Troppo spesso ci dimentichiamo che le competenze sono il risultato delle società specializzate. E ad esse si deve parte della distribuzione del benessere: nella società medievale preuniversitaria (piccola nota su un altro primato italiano: il concetto di accademia moderna nasce a Bologna nel 1088, otto anni prima che ad Oxford) le competenze erano più generiche, divise per arti e mestieri. A lungo, difatti, anche i grandi personaggi della storia hanno fatto tanti lavori: lo stesso Johannes Gutenberg era in realtà un orafo che si era industriato a fare altro. Era uno «startupper», come diremmo oggi, incline al fallimento (e difatti, così terminò la sua avventura: la famosa stampa della Bibbia fu dispendiosa e poco remunerativa, tanto che per pagare i debiti dovette dare via la sua invenzione). Anche Panfilo Castaldi, che secondo alcuni documenti avrebbe inventato la stampa parallelamente a Gutenberg, era un medico che si trovò a fare il tipografo a Milano. Mentre, per prendere esempi più recenti potremmo citare un certo Albert Einstein, impiegato dell’ufficio brevetti di Zurigo, o Isac Asimov, scienziato ancor prima che prolifico autore di romanzi e racconti a sfondo tecnologico. Sono state le competenze — insieme allo spirito di scoperta e alla curiosità — ad avere costruito la nostra idea di iperspecializzazione che ci ha portati nello Spazio (per inciso anche gli astronauti sono un po’ dei Gutenberg-castaldi visto che devono sapere fare di tutto). Altrimenti saremmo rimasti al mercantilismo basato sul baratto di diversi oggetti o prodotti che ogni famiglia si industriava a fare tramandando di padre in figlio i segreti del mestiere. Ecco, ora tutto questo bagaglio scientifico e tecnico su cui si basa il nostro benessere è di fatto messo in discussione dal più grande malinteso che Internet ha portato alla ribalta: il mondo è piatto. E anche le competenze sarebbero un po’ piatte visto che i social network si basano su un assunto fondamentale: tutti possono parlare di tutto. Purtroppo per i «terrapiattisti» il mondo è grande e complesso. E sapere costa fatica. Bene.
Cause ed effetti
«Le tre C - capitalismo, clima e conflitto - sono correlate e passano dal nodo dell’alimentazione»