Corriere della Sera

«Mi scrivono, ma nessuno vuole lavorare davvero»

- Francesco Casile, direzione@casileecas­ile.it

Il 17 ottobre scorso il Corriere ha pubblicato la mia lettera, in cui offrivo lavoro nella mia azienda. Mi sono pervenute, ad oggi, 1.347 mail. Le ho lette tutte. Alcune (226) avevano il Cv, la maggior parte erano di poche righe di presentazi­one (e qui è venuto fuori il vero spaccato della mentalità italiana). Ritenevo di aver fornito indicazion­i precise sulla figura richiesta e non mi aspettavo risposte da persone lontane dal settore moda. Mi hanno colpito, in particolar­e, la mail di un 73enne con una lunga esperienza nel settore che non ce la faceva a tirare avanti con la pensione; e quella di due ragazzi (25-28 anni) che, se lo stipendio fosse stato importante, sarebbero venuti a un eventuale colloquio, altrimenti avrebbero aspettato il reddito di cittadinan­za. Molte mail, oltre a non aver allegato il Cv (e non chiedere nulla sul lavoro da svolgere), chiedevano solo se c’era da lavorare il sabato o la domenica, se c’era da lavorare la sera e lo stipendio proposto. Soltanto 8 avevano dei requisiti molto vicini a quelli oggetto della mia proposta e a questi ho subito fissato appuntamen­to, scontrando­mi anche qui con una realtà che non immaginavo. quando proponevo il giorno o l’orario dell’incontro mi sono sentito proporre (anzi imporre), a eccezione di uno, l’orario, che io avevo previsto in orari normali dalle 10 alle 17. Ero io che dovevo adattarmi alle loro esigenze non loro alle mie, pur essendo liberi da impegni.

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