Le Marianne a seno nudo Ma la protesta è in calo
Tremila manifestanti e 8.000 agenti, niente scontri nel Paese. Le ragioni del flop? Meteo e politica
Sono scese in strada, a seno nudo, vestite da Marianne, per protestare insieme ai «gilet gialli», ieri a Parigi. Ma il quinto sabato consecutivo di manifestazioni antigovernative non è stato un successo. A Parigi c’erano più poliziotti, ottomila, che manifestanti, tremila.
PARIGI Solo qualche centinaio di manifestanti infreddoliti sugli Champs Élysées. «È perché la polizia ha fermato i pullman e le auto prima che arrivassero a Parigi. Dovrebbero fare gli arresti preventivi con gli islamisti schedati, invece che prendersela con noi gilet gialli», si lamenta a fine mattina Thomas Percheron, trentenne impiegato informatico.
Thomas è venuto dalla Normandia con tre amici, si guarda intorno deluso e aggiunge «guarda caso», la formula usata dagli ultimi stralunati gilet gialli complottisti, ancora convinti che l’attentato di Strasburgo sia stato un’azione diversiva del governo. Ma ieri mattina all’alba la polizia ha fermato in autostrada solo i militanti armati di mazze, pietre e martelli. Nessun arresto preventivo di massa. I pullman sognati dagli irriducibili non sono arrivati a Parigi perché non erano mai partiti.
Poca gente per strada a Parigi e nel resto della Francia, nessuna vera battaglia con le forze dell’ordine nella capitale, poche vetrine spaccate e nessuna auto bruciata: il «V atto» segna probabilmente l’inizio della fine della protesta dei gilet gialli, almeno quella condotta nelle strade.
I motivi di un’adesione così in calo sono tanti: lunedì scorso il presidente Macron ha detto in tv di avere «compreso la collera», fatto mea culpa e annunciato qualche concessione di peso (aumento del salario minimo, abolizione del rincaro delle tasse sulla pensione, straordinari defiscalizzati); martedì sera l’attacco di Strasburgo ha riportato l’attenzione sul terrorismo, e molti gilet gialli più responsabili hanno ascoltato l’appello del governo a dare tregua alle forze dell’ordine concentrate sulla minaccia jihadista; la protesta è cominciata ormai quasi un mese fa, sabato 17 novembre, molti manifestanti sono stanchi e preoccupati a loro volta dalle violenze dei teppisti e della polizia (prima di questo sabato i feriti erano già 800 tra i manifestanti e 200 tra gli agenti, alcuni in modo grave); infine, a Parigi ieri c’erano zero gradi e diluviava.
Per tutta la giornata i gruppi sparsi nella capitale hanno cercato di radunarsi per dare l’impressione di una folla più consistente, sugli Champs Élysées a un certo punto è partito l’ordine di spostarsi tutti all’opéra, dove i manifestanti sono stati accolti e circondati dalla polizia a cavallo.
Completamente sopraffatte il 1° dicembre, sabato scorso le forze dell’ordine erano riuscite a contenere i danni (10 milioni di euro, comunque) grazie a un dispiegamento eccezionale. Per affrontare la quinta giornata della protesta il ministro dell’interno Christophe Castaner ieri ha voluto mantenere lo stesso dispositivo: solo a Parigi 8.000 agenti e 12 blindati per neanche 3.000 gilet gialli, e il ritorno in strada dei famigerati voltigeur. i gendarmi seduti in due sulla stessa moto, uno al manubrio e l’altro pronto a manganellare o a sparare flashball (i proiettili di gomma). Due voltigeur vennero ritenuti responsabili della morte dello studente Malik Oussekine, nel 1986, e da allora non erano più stati usati.
L’incidente più grave è accaduto nella notte tra venerdì e sabato a Erquelinnes, alla frontiera franco-belga, dove un uomo è morto alla guida della sua auto dopo avere tamponato un camion immobilizzato dai gilet gialli. È la settima vittima della rivolta.
Avevano cominciato il 17 novembre in oltre 280 mila, ieri erano 66 mila in tutta la Francia, e le feste di Natale potrebbero concludere definitivamente la mobilitazione. Il presidente Emmanuel Macron, solo 10 giorni fa insultato e rincorso a Puy-en-velay, venerdì ha potuto visitare Strasburgo tra gli applausi.