Il rabbino dei divi e la sua tela (segreta) con i Paesi del Golfo per conto di Israele
«Libano, serve un mandato più forte per l’unifil»
festeggiare i cinquant’anni la quarta moglie gli ha regalato un leone. O almeno il privilegio di dare al re della foresta il suo nome — rabbino Marc — in cambio di una generosa donazione allo Zoo biblico di Gerusalemme per carne cruda a volontà. Da allora Marc Schneier si è sposato altre due volte e ha attraversato qualche controversia tirando dritto come alla parata musulmana dell’anno scorso a New York o quando ha deciso di cooperare con un’organizzazione islamica americana considerata vicina ad Hamas.
Schneier è cresciuto in una delle famiglie ebraiche più conosciute di Manhattan, fino a diventare uno dei 50 rabbini più influenti d’america secondo la rivista Newsweek e quello che i giornali chiamano «il rabbino dei divi». Scende dal pulpito per parlare con tutti: è consigliere spirituale di Russell Simmons — tra i padri dell’hip hop, cristiano, vegano e attivista contro l’islamofobia — e pure di Steven Spielberg, il regista Schneier con la moglie Tobi e il leone che lei gli ha regalato per i 50 anni
di origine ebraica. Attraverso la sua Foundation for Ethnic Understanding, ha intessuto relazioni con le monarchie del Golfo da almeno dodici anni, molto prima che i timori comuni per l’espansionismo iraniano avvicinassero gli emiri del petrolio a Israele.
Da Tel Aviv passa spesso perché – dice – «da qui è più comodo volare in Giordania e da lì verso i sei Paesi arabi», dove è stato in visita anche tre settimane fa. I suoi viaggi creano quello spazio comune tra Israele e i regni sunniti che il premier Benjamin Netanyahu considera il futuro della regione. Ci crede anche il rabbino Schneier e si azzarda a pronosticare che l’anno prossimo «almeno una nazione del Golfo, forse due, avvierà le relazioni diplomatiche con questo Paese. C’è una corsa a essere il primo Stato a metterci la firma. Questa volta senza incatenare il gesto a un accordo con i palestinesi: è sufficiente veder ripartire il dialogo». Scommette sul Bahrain.
Nell’affanno geopolitico di mantenere l’arabia Saudita al suo fianco — anche se per ora attraverso canali segreti — Netanyahu ha definito «orrenda» l’uccisione del giornalista e oppositore Jamal Khashoggi per poi aggiungere: «Ma la stabilità a Riad è fondamentale per la stabilità del mondo». Un sostegno a Mohammed bin Salman che Daniel Shapiro, ex ambasciatore americano in Israele, giudica «un errore strategico». Schneier non entra nei labirinti di governo, spiega le motivazioni ascoltate nei palazzi del Golfo a costruire un’alleanza che sembrava impossibile. «La prima ragione è economica: agli emiri interessano le tecnologie israeliane. Secondo punto: far fronte comune contro gli ayatollah sciiti, considerati una minaccia esistenziale. Terzo: creare un legame ancora più stretto con Donald Trump. Così arriviamo al 4° elemento: una volontà di colmare la frattura tra le religioni».
Soprattutto verso l’ebraismo. «In Qatar mi hanno chiesto consigli su come accogliere i numerosi visitatori ebrei attesi per il Mondiale di calcio nel 2022». La nuova diplomazia del Medio Oriente entra anche nelle cucine degli alberghi a Doha dove gli chef stanno imparando a cucinare kosher, rispettando le regole dettate dai rabbini.
@dafrattini Identikit Con il borsalino o con la barba, le possibili sembianze di Battisti
«Siamo molto soddisfatti dell’esito della visita del vicepremier Matteo Salvini in Israele. I nostri Paesi hanno fatto un altro passo avanti in un’amicizia che era già solida». L’ambasciatore israeliano in Italia Ofer Sachs, 46 anni, parla al Corriere da Tel Aviv delle polemiche scatenate dalle dichiarazioni del leader della Lega che lo scorso 11 dicembre ha definito senza mezzi termini terroristi gli Hezbollah: «Quello che ha detto il ministro è un’ovvietà. Hezbollah è un’organizzazione terroristica anche secondo l’unione Europea. Noi abbiamo portato il viceministro ai confini del Libano e gli abbiamo fatto vedere i tunnel scavati a più di 20 metri di profondità con grande dispendio di energie e soldi. Lui è rimasto molto colpito da quello che ha visto».
L’italia ha appena assunto il comando della missione Unifil. Quali obiettivi dovrebbe porsi il generale Stefano Del Col?
«Voglio sottolineare che il ruolo dell’unifil è fondamentale nella regione e che Del Col è molto apprezzato. Però credo che qualcosa non stia funzionando perché Hezbollah non dovrebbe Ofer Sachs, 46 anni, dal 2016 è ambasciatore di Israele in Italia
essere nel sud del Libano. Il mandato della missione su questo è chiaro: impedire l’attività illegale e ostile di Hezbollah».
Quindi bisogna cambiare qualcosa?
«Sì è necessario tornare all’onu ed espandere il mandato. La risoluzione 1701 non dà abbastanza potere all’unifil che dovrebbe poter entrare nei villaggi e identificare le persone sospette».
Nell’incontro con Nethanyahu c’è stata grande sintonia anche sul gasdotto East Med.
«Sì è un’iniziativa molto importante che porterà a un cambio strategico nella regione. L’opera arriverà nel sud dell’italia. La costruiremo in collaborazione, oltre che con il vostro Paese, anche con la Grecia, Cipro e più in là l’egitto. Si stanno effettuando le trivellazioni e ci piacerebbe che gli italiani assumessero un ruolo più significativo».
Non teme una resistenza dei 5 Stelle al progetto?
«Loro hanno molto a cuore la questione ecologica che va assolutamente salvaguardata. È interesse di tutti».
Per il 2019 è in programma un incontro bilaterale tra Italia e Israele.
«Sì, si terrà a Gerusalemme, non oltre il mese di marzo. Si parlerà di sicurezza, di cooperazione economica, di ricerca accademica ma anche di progetti in Africa».