Su «Buone Notizie» tutto sui regali solidali
Domani l’inserto gratis in edicola. L’inchiesta sulle Società di mutuo soccorso
Non pacchi ma opere di bene. Se a questo giro volete fare a qualcuno un regalo diverso, e magari a voi stessi la soddisfazione di averlo fatto, l’unica cosa che non manca è la possibilità di scelta: con 50 euro potete consentire a una donna Maya di prendere la patente e compiere un passo sulla via dell’emancipazione; o pagare due ore di arrampicata assistita a un ragazzo disabile; con 60 euro un’ora di terapia a un bambino con patologie neurologiche; con 70 un periodo di cure domiciliari per un malato di leucemia, mentre per regalare una capretta da latte a una famiglia del Burkina Faso di euro ne bastano anche solo trenta. E l’elenco è ancora lungo. È questa la proposta natalizia lanciata sulle pagine centrali del prossimo numero di Buone Notizie, il settimanale del Corriere della Sera in edicola domani come ogni martedì gratis con il quotidiano: dodici associazioni impegnate in Italia e nel mondo al fianco dei più deboli, dodici modi suggeriti a tutti noi per essere al fianco di chi aiuta.
Ma anche in questo numero si parte come sempre dalle storie. Come quella delle case e comunità per pazienti psichiatrici che la Fondazione Lighea gestisce e porta avanti da più di 30 anni nel centro di Milano: perché «abitare in un luogo bello e tra gente normale — spiega il fondatore Gianpietro Savuto — ha già un effetto terapeutico». O come l’impegno di Francesca Michielin, grazie al quale è nata una foresta di avocado in Kenya. O come l’iniziativa di due amici londinesi che dopo aver deciso sei anni fa di smettere di bere hanno fondato un movimento per promuovere locali dove si servono solo cocktail analcolici.
L’inchiesta di domani è dedicata alle Società di mutuo soccorso: nate sotto Napoleone, oggi sono un migliaio e talvolta tappano i buchi della sanità. E anche il Male nostrum della settimana riguarda in qualche modo la sanità, in particolare i suoi costi: in Italia sono 539 mila i «poveri sanitari» che fanno fatica a potersi permettere anche i farmaci più comuni.