Marketing e ricordi Klopp e Shaqiri mandano in crisi il modello United
Con tre coltellate in Premier all’appannatissimo totem United — Mané e due volte Shaqiri —, il Liverpool leader che oggi a Nyon aleggia come un condor sul sorteggio di Champions della Juve affonda una squadra (19 punti di distacco, margine più ampio in 46 anni) e apre crepe profonde in un sistema. Il sistema Manchester Utd, marketing a prescindere dai risultati (possibilmente sotto l’egida del marchio vincente Alex Ferguson, ieri in tribuna a Anfield inorridito).
C’era un tempo, nell’era del baronetto, in cui i Red Devils vincevano 13 campionati in venti stagioni, due Champions, un’intercontinentale più tutto il resto. Conficcata al centro dell’età dell’oro, alla vigilia del Natale 1994, l’apertura del megastore a Old Trafford, il posto delle fragole dove comprare dalla penna a sfera (3,50 sterline) all’orologio griffato (5.290), diventato punto di riferimento per qualsiasi brand sportivo. Benché la spinta propulsiva di Mourinho sembri essersi esaurita, nonostante l’eliminazione in Champions agli ottavi con lo sfavorito Siviglia lo scorso marzo e la flessione della sterlina rispetto all’euro, nell’edizione 2018 della Football Money League (fonte Deloitte) è un testa a testa tra Red Devils (fatturato di 676,3 milioni) e i campioni d’europa del Real Madrid (674,6). Ma recupera il Liverpool (424,2), che dopo essersi consapevolmente inflitto una girandola di tecnici, con il rinnovato Anfield e il nuovo allenatore, Jurgen Klopp, sta finalmente iniziando a capitalizzare gli investimenti del passato.
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