Così ho spiegato ai superstiti della discoteca che il mondo non finisce
La terapeuta dei giovani di Corinaldo
Giorni di pioggia e freddo si susseguono inesorabili, come i giovani pazienti che ogni giorno incontro e che scelgono di raccontare a una psicoanalista le loro giovani storie, le loro emozioni, quelle conosciute e quelle a cui ancora non riescono a dare un nome. Mi incuriosisce la loro fierezza, la loro insopportabile strafottenza mista a quella tenera fragilità, quella insicurezza celata che ho il privilegio di attraversare insieme a loro e insieme a loro svelare, amare, sopportare.
La brutta musica di cui tanto si parla è la loro musica, i giovani «teppistelli» in discoteca sono i loro amici del cuore. Quelli con cui condividono le giornate, le risate, la tristezza e il tempo. Quel tempo che spesso noi adulti non abbiamo per loro e che li sottopone a una lacuna di riferimenti e a un tentativo di riempimento con ciò che è a portata di mano, o di un click, per essere più attuali. Quello che critichiamo e che tanto disprezziamo è il loro mondo, quello in cui sono nati, che ospita la loro crescita e che gli abbiamo offerto noi.
L’incoerenza è la nostra maggiore colpa. La debolezza, la nostra cifra. La sregolatezza di cui siamo portatori, ciò che pagheranno con gli interessi e che non ci perdoneranno mai. L’aggressività nella musica è la risposta della nuova generazione alla nostra offerta, non c’è da scandalizzarsi se in una società in cui «papà ogni weekend era ubriaco perso e mamma lancia un reggiseno a ogni concerto», un adolescente usa uno spray al peperoncino chissà per quale ragione. Non c’è da scandalizzarsi se nella società dei legami liquidi di Bauman un giovane non trova dentro di sé una capacità simbolica e relazionale adeguata a contenere gli impulsi distruttivi, i più difficili da governare, che spingono forte come le note dei Trapper.
I miei giovani pazienti si interrogano, oggi più che mai, sulla sicurezza del mondo. Ho incontrato ragazzi all’indomani della tragedia di Corinaldo. Ho accolto i più gravi al loro risveglio in ospedale. Dei