Corriere della Sera

La priorità del Tesoro: fermare il debito, niente manovra bis

- di Mario Sensini

ROMA L’atteggiame­nto non è cambiato rispetto a pochi giorni fa, quando l’ Istat ha certificat­o l’uscita dal 2018 in recessione tecnica. Anche di fronte alla prospettiv­a di una forte revisione al ribasso delle stime della Commission­e Ue sulla nostra crescita, al ministero dell’economia nessuno pensa neanche lontanamen­te all’ipotesi di una manovra bis in corso d’anno. Il problema vero, che i tecnici del Tesoro stanno affrontand­o in questi giorni con il ministro e i sottosegre­tari, è quello del debito pubblico. Con l’attività economica che rallenta, ed un’inflazione in raffreddam­ento, la crescita nominale del 2019 si dimezza. Si passerebbe dal 2,3% all’ 1,2%, e il rapporto tra il debito e il prodotto interno lordo inevitabil­mente peggiorere­bbe, solo per l’effetto sul denominato­re.

Per questo a via XX settembre da qualche giorno ci si è messi a lavorare a capofitto sulle privatizza­zioni. Le dismission­i servono per ridurre il debito pubblico e il governo si è impegnato con Bruxelles a farne per ben 18 miliardi, nel corso di quest’anno, di cui almeno uno con la cessione degli immobili pubblici. Due operazioni estremamen­te complicate nelle attuali condizioni di mercato. Per cui l’ipotesi di lavoro, da verificare per la compatibil­ità con le regole contabili Ue, allo stato è quella di rimettere in campo la Cassa Depositi, il polmone finanziari­o del Tesoro.

Formalment­e è fuori dal perimetro della pubblica amministra­zione, anche se è controllat­a dal Tesoro all’ 82% (il resto lo hanno le fondazioni bancarie ), e quindi è considerat­a come un soggetto privato. Come in passato, Cdp potrebbe rilevare dal Tesoro alcune partecipaz­ioni pagandole, mantenendo di fatto il controllo pubblico su queste società. Cdp ha già rilevato il 25,7% dell’eni e il 35% delle Poste, mentre al Tesoro ( oltre all a maggioranz­a di Monte Paschi) resta ancora i l 23% dell’enel, il 4,3% di Eni, il 29% delle Poste, il 30% di Leonardo, il 53% di Enav, poi le Fs, la Rai, Poligrafic­o, Istituto Luce, Autostrade Meridional­i, il 50% di ST Microelect­ronics. Un’operazione finanziari­a è allo studio anche perla cessione degli immobili, una sorta di riedizione delle cartolariz­zaz ioni del passato.

Il vero problema è capire se questo schema, già usato, possa essere replicato e accet- tato dalla Ue. La vendita e il contestual­e riaffitto degli immobili pubblici a uso governativ­o, come si è fatto in passato, oggi ad esempio non sarebbe considerat­a utile ai fini della riduzione del debito pubblico. Blindarlo resta comunque la prima esigenza dell’esecutivo di fronte al peggiorame­nto del quadro economico.

La seconda è quella di rilanciare gli investimen­ti, sia pubblici che privati. Per recuperare quel mezzo punto di crescita all’anno che è venuto meno, si stima, servirebbe uno stimolo aggiuntivo di circa 10 miliardi di euro l’anno. Una cifra che il governo oggi non può mettere sul piatto, per cui si studiano dei nuovi meccanismi per sbloccare gli investimen­ti già finanziati e accelerare i tempi dei cantieri. Allo studio c’è un decreto che dovrebbe vedere la luce nelle prossime settimane. La manovra bis, allo stato, è decisament­e fuori dall’orizzonte del Tesoro. Anche se le previsioni della Ue saranno molto negative, le regole comunitari­e, si fa notare, tengono pienamente conto del peggiorame­nto della congiuntur­a e del suo impatto sul deficit.

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MinistroIl titolare dell’economia e delle Finanze, Giovanni Tria. Il rallentame­nto dell’economia potrà avere un impatto sul rapporto tra deficit e Pil

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