La priorità del Tesoro: fermare il debito, niente manovra bis
ROMA L’atteggiamento non è cambiato rispetto a pochi giorni fa, quando l’ Istat ha certificato l’uscita dal 2018 in recessione tecnica. Anche di fronte alla prospettiva di una forte revisione al ribasso delle stime della Commissione Ue sulla nostra crescita, al ministero dell’economia nessuno pensa neanche lontanamente all’ipotesi di una manovra bis in corso d’anno. Il problema vero, che i tecnici del Tesoro stanno affrontando in questi giorni con il ministro e i sottosegretari, è quello del debito pubblico. Con l’attività economica che rallenta, ed un’inflazione in raffreddamento, la crescita nominale del 2019 si dimezza. Si passerebbe dal 2,3% all’ 1,2%, e il rapporto tra il debito e il prodotto interno lordo inevitabilmente peggiorerebbe, solo per l’effetto sul denominatore.
Per questo a via XX settembre da qualche giorno ci si è messi a lavorare a capofitto sulle privatizzazioni. Le dismissioni servono per ridurre il debito pubblico e il governo si è impegnato con Bruxelles a farne per ben 18 miliardi, nel corso di quest’anno, di cui almeno uno con la cessione degli immobili pubblici. Due operazioni estremamente complicate nelle attuali condizioni di mercato. Per cui l’ipotesi di lavoro, da verificare per la compatibilità con le regole contabili Ue, allo stato è quella di rimettere in campo la Cassa Depositi, il polmone finanziario del Tesoro.
Formalmente è fuori dal perimetro della pubblica amministrazione, anche se è controllata dal Tesoro all’ 82% (il resto lo hanno le fondazioni bancarie ), e quindi è considerata come un soggetto privato. Come in passato, Cdp potrebbe rilevare dal Tesoro alcune partecipazioni pagandole, mantenendo di fatto il controllo pubblico su queste società. Cdp ha già rilevato il 25,7% dell’eni e il 35% delle Poste, mentre al Tesoro ( oltre all a maggioranza di Monte Paschi) resta ancora i l 23% dell’enel, il 4,3% di Eni, il 29% delle Poste, il 30% di Leonardo, il 53% di Enav, poi le Fs, la Rai, Poligrafico, Istituto Luce, Autostrade Meridionali, il 50% di ST Microelectronics. Un’operazione finanziaria è allo studio anche perla cessione degli immobili, una sorta di riedizione delle cartolarizzaz ioni del passato.
Il vero problema è capire se questo schema, già usato, possa essere replicato e accet- tato dalla Ue. La vendita e il contestuale riaffitto degli immobili pubblici a uso governativo, come si è fatto in passato, oggi ad esempio non sarebbe considerata utile ai fini della riduzione del debito pubblico. Blindarlo resta comunque la prima esigenza dell’esecutivo di fronte al peggioramento del quadro economico.
La seconda è quella di rilanciare gli investimenti, sia pubblici che privati. Per recuperare quel mezzo punto di crescita all’anno che è venuto meno, si stima, servirebbe uno stimolo aggiuntivo di circa 10 miliardi di euro l’anno. Una cifra che il governo oggi non può mettere sul piatto, per cui si studiano dei nuovi meccanismi per sbloccare gli investimenti già finanziati e accelerare i tempi dei cantieri. Allo studio c’è un decreto che dovrebbe vedere la luce nelle prossime settimane. La manovra bis, allo stato, è decisamente fuori dall’orizzonte del Tesoro. Anche se le previsioni della Ue saranno molto negative, le regole comunitarie, si fa notare, tengono pienamente conto del peggioramento della congiuntura e del suo impatto sul deficit.