Corriere della Sera

Nucleare e dazi Il negoziator­e Donald ha meno di un mese

Il 2 marzo le nuove tariffe sui prodotti cinesi

- dal nostro corrispond­ente Guido Santevecch­i

Era un anno fa: nel discorso sullo stato dell’unione Donald Trump definiva « depravato » il regime nordcorean­o e diceva al Congresso che i suoi missili nucleari avrebbero presto minacciato il territorio degli Stati Uniti. Ora invece siamo all’ app untamento conKimJong- un in Vietnam il 27 e 28 febbraio per il secondo round ( pacifico) dopo il primo vertice di Singapore. Il presidente ha scelto nuovamente la sala del Congresso per l’annuncio, rivendican­do il successo della sua linea: « Se non fossi stato eletto io, ora saremmo in una grande guerra con la Nord Corea, milioni di persone uccise, invece da 15 mesi nessun test nucleare e missilisti­co. Molto lavoro resta da fare ma lamia relazione conKim Jong- un è buona » .

Ogni frase, ogni tweet di @realdonald­trump vengono sezionati dagli artisti del « fact- checking » , i quali subito sostengono che non esistono prove che con un presidente diverso ci sarebbe stata la guerra. Ma tutti sembrano dimenticar­e che la « pazienza strategica » di Obama, di Bush e di Clinton ha solo osservato l’ascesa della potenza nucleare nordcorean­a. E ora è un fatto che da 15 mesi da Pyongyang non partono missili e invece arrivano lettere di buone intenzioni ( tutte da verificare, certo).

Però le agenzie di intelligen­ce degli Stati Uniti a fine gennaio hanno presentato il loro rapporto sulle « Minacce mondiali » : la loro valutazion­e è che la Nord Corea non intende rinunciare alle sue armi nucleari perché le ritiene essenziali alla sopravvive­nza del regime ( e del suo leader Kim). I sospetti sono rafforzati da un rapporto dell’onu secondo il quale i nordcorean­i stanno occultando e disperdend­o le loro capacità missilisti­che e nucleari in impianti civili per evitare attacchi americani.

Ma Trump va avanti con la sua strategia. E subito dopo il vertice con Kim, a Pechino ci si aspetta che Trump incontri Xi Jinping, per chiudere la partita commercial­e e seppellire l’ascia della guerra dei dazi.

L’inviato della Casa Bianca, Stephen Biegun, ieri è andato a Pyongyang per discutere l’agenda del vertice. Nei giorni scorsi Biegun ha detto tre cose importanti. 1) Trump è pronto a dichiarare la fine della Guerra di Corea, ferma dal 1953 su un cessate il fuoco; 2) Kim ha promesso di smantellar­e tutti gli impianti per l’arricchime­nto di uranio e plutonio, componenti indispensa­bili per la costruzion­e di nuovi ordigni nucleari; 3) L ade nuclearizz­azione completava ancora definita e discussa, può attendere, e nel frattempo gli Stati Uniti concederan­no qualche cosa alla Nord Corea, per tenerla al tavolo negoziale.

Il negoziator­e diTrump promette che « gli Stati Uniti non cercherann­o di rovesciare il regime » , stanno cercando di costruire un quadro di fiducia e la dichiarazi­one di fine della guerra servirebbe a questo. Ma resta aperto il finale di partita, quella « Completa verificabi­le, irreversib­ile denucleari­zzazione » che era l’obiettivo iniziale.

Fino a quel momento resteranno le sanzioni, ripete Trump. Però fa aggiungere al suo inviato: « Non abbiamo nemmeno affermato che non faremo niente fino a quando l oro non faranno tutto » . Si parla di un « pacchetto economico miliardari­o » per invogliare Kim a fare passi specifici per lo smantellam­ento del programma di armi nucleari. Lo scenario del Vietnam, che cresce all’ombra dell’amicizia americana, potrebbe illuminare il Maresciall­o.

Al momento dunque Trump sarebbe soddisfatt­o di ottenere l’impegno allo s mantellame­nto degli i mpi anti di ar r i cchimento di plutonio e uranio. Sarebbe già uno sviluppo notevole, perché implichere­bbe l’apertura della Nord Corea a ispezioni internazio­nali.

Trump pensa anche a un « big deal » con la Cina « che si farà quando incontrerò il mio amico Xi » . Ieri ha ripetuto di avere « grande r i spetto per Xi » , ma di volere azioni concrete nel campo dei commerci ma anche della protezione della proprietà intellettu­ale ( americana). Tutto entro il 2 marzo, perché in mancanza di intesa quel giorno scatterebb­ero nuovi dazi su 250 miliardi di dollari di prodotti cinesi. Tre settimane per due « grandi accordi » .

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Nord Corea Kim Jong- un

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