«The Passage», ritratto di un’america sull’orlo dell’apocalisse
Allegorie, distopie, tenerezze, horror, fantasy: è possibile affidare il futuro dell’umanità nelle mani di una bambina di dieci anni? È su questo espediente fortemente simbolico ( la fine del mondo che solo la purezza dell’infanzia può salvare) che si gioca l’attacco di « The Passage » , in onda su Fox.
La serie, tratta dall’omonima trilogia di Justin Cronin e prodotta tra gli altri dal regista Ridley Scott, appare già dal ricco pilot come un concentrato di eventi, relazioni e piani di lettura differenti; le linee narrative si susseguono e si mescolano restituendo un’architettura complessa, ma sempre equilibrata. L’innesco della serie è tra i più classici del genere horror e dei vampire drama: un’epidemia di un virus si è scatenata in tutto il mondo trasformando chiunque ne venga contagiato in creature simili ai vampiri.
Tra questi, anche il povero Tim Fanning, un ricercatore che in Bolivia viene trasformato in vampiro. Il caso s’intreccia con il lavoro di un gruppo di scienziati del « Progetto Noah » , una struttura medica che sta testando un virus che può avere conseguenze opposte sull’umanità: distruggerla o salvarla. Quando l’equipe, che sperimenta su un gruppo di detenuti e sullo stesso Fanning, decide di verificare il virus su una bambina rimasta orfa- na ( senza legami affettivi, per cui « non mancherà a nessuno » ) , il compito di rintracciarla e trasferirla presso la struttura spetta all’agente federale Brad Wolgast. Ma il poliziotto decide di metterla i n salvo evitando di trasformarla i n carne da esperimenti, proprio mentre le cavie sottoposte al virus si trasformano in esseri assetati di sangue.
C’è tanto Ridley Scott ma c ’è soprattutto lo struggente legame tra i due protagonisti che, proprio come il padre e figlio de La strada di Cormac Mccarthy, attraversano insieme un’america sull’orlo dell’abisso e dell’apocalisse.