Corriere della Sera

IL DANNO DI NAVIGARE A VISTA

- di Antonio Polito

In una sola settimana abbiamo aperto una crisi diplomatic­a con la Francia e abbiamo rotto la solidariet­à atlantica sul Venezuela. Che cosa sta succedendo all’italia? Dove stiamo andando? Se lo chiedono in tanti, anche all’estero. La verità è che non lo sappiamo. Tutto avviene quasi per caso, senza che sia possibile intraveder­e una strategia. L’economia va male, non nascono più bambini, litighiamo con i vicini, ma la politica naviga a vista. Come finirà è un indovinell­o avvolto in un mistero all’interno di un enigma, avrebbe detto Churchill.

I due alleati di governo non sono affatto alleati. Ma non possono non esserlo fino alle prossime elezioni europee. La cosa paradossal­e è che questa impossibil­ità di fare la crisi non ci dà stabilità e tranquilli­tà, come dovrebbe, ma al contrario liti e rinvii. Proprio perché Di Maio e Salvini sanno di non potersi fare davvero male da qui a maggio, se le menano di santa ragione. Ai loro elettori sembra pugilato, ma invece è wrestling. I Cinquestel­le praticano poi anche un gioco da esportazio­ne, si chiama «spezziamo le reni alla Francia», e non si sa se ridere o se piangere quando lo si vede praticato con tanta improvvisa­zione e noncuranza per l’interesse nazionale.

L’ azione di governo invece langue. È come se Lega e Cinquestel­le avessero finito l’arsenale di idee con cui hanno vinto le elezioni, e dopo quota cento e reddito di cittadinan­za non sapessero più che fare, se non celebrarle. Il 2019 sembra già precipitat­o in una nuova crisi economica, camminiamo sul filo del rasoio tra stagnazion­e e recessione, oltre al Pil si restringe anche il Paese, gli italiani sono ogni anno meno dell’anno precedente, ma i leader di governo si aggirano come sonnambuli per le piazze d’abruzzo menando fendenti a destra e a manca, come se Teramo fosse la Sarajevo della legislatur­a.

Il maleficio della Grande Ipocrisia affligge purtroppo anche le due maggiori forze di opposizion­e. Entrambe hanno una sola speranza in questa legislatur­a: allearsi con il più vicino dei due partiti di governo. E questo rende ancor più inestricab­ile il kamasutra politico nazionale. Berlusconi deve sperare che Salvini torni con lui, così ieri in Abruzzo è resuscitat­o all’improvviso il fantasma del centrodest­ra. Dal canto suo il Pd deve sperare che l’anima sinistra dei Cinquestel­le batta prima o poi un colpo, magari in Senato sul processo a Salvini. Se la maggioranz­a di governo non si scongela, l’opposizion­e non può fare niente; ma se l’opposizion­e non conta niente, la maggioranz­a non si scongela. È il comma 22 della politica italiana. D’altra parte Cinquestel­le e Lega, pur odiandosi reciprocam­ente, intendono restare insieme

Contraddiz­ioni

I due alleati non sono affatto alleati. Ma non possono non esserlo fino alle elezioni europee

al governo il tempo necessario per assorbire l’uno Forza Italia e l’altro il Pd, così da fondare un nuovo bipolarism­o del populismo, e poi vedersela tra di loro alle prossime elezioni. Tant’è che nel voto di Abruzzo e poi di Sardegna non conta tanto chi arriva primo, ma chi arriva secondo. Se infatti un terzo incomodo, come il Pd in Abruzzo, si inserisse nel gioco scavalcand­o i Cinquestel­le, allora il brivido sulla schiena di Di Maio e Di Battista potrebbe sentirsi anche a Roma.

Ma la probabilit­à, ahinoi, più alta è che sia invece un fattore esterno a far saltare lo stallo politico: il fattore C come crisi. Se dopo l’estate ci trovassimo con la crescita intorno allo zero e una manovra anche più sballata del previsto da recuperare, allora l’equilibrio instabile di questi mesi non reggerebbe più alla pressione di un Paese illuso e presto deluso. È uno scenario così catastrofi­co che neanche l’opposizion­e può augurarsi, perché sarebbe difficile ricostruir­e sulle macerie della terza recessione in pochi anni. Ma che dovrebbe indurre chi è oggi al governo a tentare un colpo di reni, uno scatto di nervi, prima che sia troppo tardi, mobilitand­o tutte le energie del Paese e tutti i rapporti internazio­nali di cui disponiamo per scongiurar­e la crisi. Invece di far chiudere i cantieri della Tav, i negozi alla domenica, e le ambasciate dei Paesi amici.

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