Corriere della Sera

Pensieri antichi per capire l’oggi Così la filosofia spiega il presente

Brevi saggi per orientarsi in questi «tempi agitati»: l’agile guida realizzata da Mauro Bonazzi per Ponte alle Grazie

- di Eva Cantarella

Non è facile rendere conto di tutti gli argomenti trattati nel libro di Mauro Bonazzi Piccola filosofia per tempi agitati (Ponte alle Grazie), i tempi nei quali viviamo: sono tanti e diversissi­mi, unificati dal fatto di offrire suggerimen­ti che possono aprire uno spiraglio per affrontare questo nostro complesso confusissi­mo mondo. Ma in che modo, con quali armi? Quelle della filosofia, la disciplina nata per insegnare non cosa ma come pensare, che aiuta a ordinare le idee e a scegliere razionalme­nte tra prospettiv­e diverse. È un invito, quello che viene da questo libro, all’esercizio del pensiero, lo strumento più potente di cui possiamo disporre, come Bonazzi ci mostra selezionan­do e raccoglien­do una serie di testi tratti dai suoi interventi su «la Lettura», sul «Corriere della Sera» e su «il Mulino». Partiamo da un esempio, la celebre affermazio­ne di Diogene il Cinico, che, interrogat­o su quale fosse la sua patria, dichiarò di essere «cittadino dell’universo». Una risposta su cui riflettere oggi, in un universo dove, accanto a diversi sistemi di valori, trovano spazio e consenso slogan come «America first» (o altri Paesi tra i quali purtroppo a volte anche l’italia). E accanto ai filosofi ecco i poeti, che ci inducono a ragionare, ad esempio, su «le tentazioni della vendetta»: come Eschilo, che nel 458 avanti Cristo, nell’orestea, mise in scena le atrocità che avevano accompagna­to la storia degli Atridi, a partire dall’uccisione di Agamennone per mano della moglie Clitennest­ra, che voleva vendicare i torti che questi le aveva fatto. Ma nella logica della vendetta la morte di Agamennone imponeva al figlio di questi di uccidere la madre. Solo il diritto può fermare le violenze che derivano dai desideri di vendetta, dice l’orestea, nella quale queste terminano solo con l’istituzion­e del primo tribunale ateniese, al quale spetterà decidere la sorte di Oreste.

Ma torniamo alla filosofia, questa volta intesa come strumento della buona politica: e il pensiero va a Pericle, che tra le cure e le preoccupaz­ioni del governo di Atene trovava il tempo per discutere con i filosofi. Una volta, si diceva, aveva passato un’intera giornata a discutere con Protagora il caso di un giovane che, lanciando il giavellott­o, aveva colpito e ucciso un compagno di gara. Di chi era la colpa, si chiedevano Pericle e Protagora: del giavellott­o o di chi lo aveva lanciato? Naturalmen­te la storiella voleva ridicolizz­are quegli strani, nuovi filosofi che erano i sofisti, tutt’altro che ben visti negli ambienti più conservato­ri, dei quali Pericle era amico. Ma, scrive Bonazzi, la grandezza del politico Pericle è tutta qui: nel saper valutare i «fatti alternativ­i», veri o falsi che fossero, discuterne, non aver mai abdicato all’uso della ragione; e nell’abitudine di parlare in pubblico solo nelle occasioni ufficiali, senza insultare o inveire. Una scelta fondamenta­le per un politico (e anche per chi non essendo tale, vuol vivere in una società civile tale): le parole non sono qualcosa di neutro, che serve sempliceme­nte a indicare una realtà di per sé evidente. Così non è, la realtà è plurale, perché dipende dai punti di vista, che sono molteplici. Le parole sono lo strumento che può permetterc­i di costruire una prospettiv­a condivisa.

Ed eccoci all’ultima parte del libro, dove viene data la parola a uno dei più grandi scienziati del Novecento, Julius Oppenheime­r, che nel pieno degli esperiment­i della bomba atomica dichiarò che «i fisici hanno conosciuto il peccato, ed è una conoscenza che non potranno mai perdere». Una frase chiarovegg­ente, che in poche parole descrive un tratto caratteris­tico della condizione moderna.

Inseriti nel racconto dell’albero della conoscenza del bene e del male, di cui Adamo ed Eva colsero i frutti, i saperi scientific­i sono il serpente grazie ai quali la nostra conoscenza dell’universo è radicalmen­te cambiata, così come quella della vita umana, ma che può avere anche conseguenz­e disastrose. In un futuro che ci fa intraveder­e ulteriori mai immaginate scoperte si prospetta sempre più la possibilit­à che il desiderio di conoscenza, prendendo il sopravento sulle preoccupaz­ioni etiche, conduca alla perdita o all’indifferen­za della distinzion­e tra il bene e il male. Ma è proprio di fronte a simili rischi che le scienze umanistich­e possono e devono continuare ad avere un ruolo. I saperi scientific­i e il confronto con loro sono indispensa­bili e fuori discussion­e, ma non sono i soli a poter dare risposte sulla realtà delle cose: a contribuir­e a darle possono essere, se ad essi si affiancano, il linguaggio e le strade diverse seguite dagli umanisti.

Anche se moltissimi sarebbero gli altri possibili spunti, a quanto sin qui visto basterà aggiungere che questo libro, oltre a essere un’importante occasione di informazio­ne e di riflession­e, è anche di scorrevole, facile e piacevolis­sima lettura.

Il buon politico

Pericle discute con Protagora: le parole non sono neutre ma sono lo strumento per costruire una prospettiv­a condivisa

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