Sei Nazioni: dopo 18 sconfitte non sarebbe meglio fare il catenaccio? O’shea però non ci sente: «Avanti così»
La Nazionale non cambia strada: anche con il Galles punterà sul gioco
Parisse Sentiamo la mancanza di fiducia, ma nessuno si abbatte. In Scozia abbiamo sbagliato, ma contro il Galles ci rifaremo
Quando tutto va male hai due possibilità: insistere sul tuo piano rivedendo ogni dettaglio o buttare l’intero piano e cambiare strada. Il dibattito, dopo la sconfitta di Edimburgo, è stato il seguente: ha senso continuare a cercare di giocare a rugby o è meglio pensare solo a difendere e resistere?
Conor O’shea, il c.t. azzurro, non ci pensa neppure a gettare il piano al quale sta lavorando (con scarsissimi risultati) da quasi tre anni e Sergio Parisse, il capitano, è d’accordo con lui. Si tratterebbe, detta in termini calcistici, di scegliere se continuare ad andare in campo per attaccare o lasciar perdere e mettere su un bel catenaccio. Il rugby è un gioco complicato, più cose fai, più rischi di sbagliare ti prendi. Il catenaccio (rallentamento del ritmo e grandi pedate in rimessa laterale) consentirebbe, in teoria, di limitarli i rischi, di avere magari meno possibilità di segnare e vincere (ma andando all’attacco siamo arrivati a 18 sconfitte consecutive, record del Torneo) e dovrebbe permetterti di uscire dal campo battuto ma non massacrato nel punteggio.
Oggi contro il Galles, però, non cambierà nulla. O’shea ha già detto che si va avanti così, cercando di commettere meno errori. Parisse anche ieri ha ribadito che «in questo gruppo c’è entusiasmo: avvertiamo la mancanza di fiducia, ma nessuno si smonta. Con la Scozia non abbiamo controllato il gioco, contro il Galles vogliamo riuscirci e vogliamo vincere».
Sarebbe bello, ma i gallesi non sono certo gli ultimi arrivati: hanno vinto le ultime dieci partite giocate e sono al terzo posto del ranking mondiale (noi siamo quindicesimi anche se almeno tre squadre che ci stanno davanti dovrebbero stare dietro). Warren Gatland, il neozelandese che guida i dragoni dal 2007, ha cambiato dieci giocatori rispetto al successo di Parigi, e la speranza è che abbia esagerato con il turnover. L’altra speranza è che davvero, dopo tanta attesa, gli azzurri azzecchino la partita perfetta. Magari mandando qualche pallone in più in rimessa laterale, per spezzare il gioco degli avversari e respirare, ma senza alzare barricate, anche perché con le regole (e gli arbitri) di oggi affidarsi a difesa e contropiede (pressione nel rugby) diventa estremamente complicato. Lo applicava,il catenaccio, Nick Mallett, il sudafricano che ha allenato l’italia dal 2007 al 2011. Ma da allora molte cose sono cambiate.