«L’
Il Quirinale e l’urgenza di un riavvicinamento con Macron
ideale europeo, e la sua realizzazione nell’unione, è stato, ed è tutt’ora, un faro del diritto, delle libertà, del dialogo, della pace. Un modo di vivere e concepire la democrazia che va incoraggiato, rafforzato e protetto dalle numerose insidie contemporanee, che vanno dalla guerre commerciali, spesso causa di altri conflitti, alla negazione dei diritti universali, al pericoloso processo di riarmo nucleare, al terrorismo di matrice islamista, alle tentazioni di risolvere la complessità dei problemi attraverso le scorciatoie autoritarie». La preoccupazione per la crisi tra Italia e Francia echeggia in questo passaggio sull’«ideale europeo da proteggere» del discorso pronunciato da Sergio Mattarella celebrando al Quirinale il «Giorno del ricordo». Ricostruisce la tragedia delle foibe, coda sanguinosa e a lungo misconosciuta della Seconda guerra mondiale. E la memoria di tutti va all’ultima volta in cui il Quai d’orsay ritirò il proprio rappresentante diplomatico a Roma, l’11 giugno 1940, quando Mussolini dichiarò che avrebbe affiancato Hitler nell’invasione destinata a espugnare Parigi. Ovviamente è impensabile che si torni a quel clima. Ma il richiamo in patria dell’ambasciatore Christian Masset, l’altro ieri, è un fatto che torna a materializzare forme vicine all’ostilità fra due Nazioni amiche e che stanno insieme nella Ue e nella Nato. Inaccettabile, per lui, pensare che l’alta tensione dipenda soprattutto — anche se non solo — da spregiudicate iniziative di una forza di governo del nostro Paese (l’ultimo passo di una lunga serie: l’abbraccio in terra francese del vicepremier 5 Stelle Di Maio con l’ala violenta dei gilet jaunes impegnati a destabilizzare l’eliseo), per lucrare qualche vantaggio elettorale alle prossime europee. Difficile, adesso, derubricare quel gesto come «un’ingenuità» che non intendeva lesionare il «rispetto delle dinamiche istituzionali» richiamate dal Colle. Lo strappo va ricucito «immediatamente», ha fatto sapere Mattarella, appena rientrato da una missione in Angola. Chiaro che, in un contesto politico febbrile e sovreccitato dai sospetti come il nostro, non poteva scendere al livello della vis polemica che ispira i pentastellati (alla pari dei leghisti), ogni giorno all’attacco su qualche nuovo «nemico». Ma, nel messaggio informale fatto filtrare dallo staff, il presidente non è stato generico. E la sua diplomazia l’ha già attivata, affidandosi al ministro degli Esteri Moavero e al premier Giuseppe Conte, che dovrebbe sostenerne gli sforzi. Indicazione per entrambi: far abbassare i toni ai partner del nostro governo, promuovere con atti concreti il disgelo con Parigi, riaprire i tradizionali canali di dialogo. Non sarà una passeggiata. Il capo dello Stato lo sa bene. Per questo, d’intesa con Palazzo Chigi, sta promuovendo tentativi di un contatto diretto con il presidente francese Emmanuel Macron. Pronto lui stesso, se si rivelasse necessario, ad alzare il telefono.
L’europa
Ieri il richiamo all’«ideale europeo» e alla sua realizzazione nell’unione: un faro del diritto, delle libertà, del dialogo e della pace