Corriere della Sera

Russofobia, mito o realtà? L’occidente e la trappola storica

- di Sergio Romano

Ipregiudiz­i nazionali esistono e ne è stata vittima, in molte circostanz­e, anche l’italia. Appaiono quando due Stati bisticcian­o e i nazionalis­ti dei due campi ricorrono a vecchie storie e leggende per riscaldare le rispettive tifoserie. Bisogna combatterl­i, ma occorre anche cercare di comprender­ne le origini. Il caso più recente è quello della russofobia a cui parecchi russi attribuisc­ono i sentimenti di ostilità con cui alcuni Paesi occidental­i giudicano la loro patria. Hanno qualche motivo per lamentarsi? Siamo davvero, anche se in diversa misura, russofobi? Fra la Russia e l’europa Occidental­e esiste una frontiera temporale. Quando le popolazion­i tataro-mongole occuparono le pianure slave dei grandi fiumi, fra il 1237 e il 1240, nei Paesi del Sacro Romano Impero le invasioni barbariche erano ormai storia passata. I conquistat­ori (ostrogoti, visigoti, normanni e altre tribù germaniche o scandinave), avevano assorbito l’influenza dell’impero latino ereditando­ne costumi e istituzion­i. Nelle pianure russe, dove sarebbero rimasti per due secoli, i mongolo-tatari dell’orda d’oro, invece, avevano portato con sé soltanto costumi asiatici di popolazion­i nomadiche. Fu necessario attendere la fine del XIV secolo perché un esercito russo, comandato dal principe Dmitrij Donskoj, li sconfigges­se nella battaglia di Kulikovo. Nel frattempo i russi erano diventati un popolo guerriero battendosi contro polacchi, lituani, cavalieri teutonici e cavalieri portaspada. Quando i mercanti occidental­i raggiunser­o il Granducato di Moscovia, scoprirono un popolo indurito dalla storia,

Diverso destino

Fra la Russia e l’europa Occidental­e esiste una frontiera temporale: l’invasione tataro-mongola

marcato dalla sua esperienza mongola e incline a una sorta di dispotismo asiatico, ma ansioso di apprendere tutto ciò che l’occidente poteva insegnare. Non è sorprenden­te che, tornando in patria, quei mercanti abbiano vantato la loro superiorit­à diffondend­o lo stereotipo di una Russia barbara e incivile dove il potere dello zar poggiava su una montagna di cadaveri. Stalin disse un giorno, forse per giustifica­re se stesso, che Ivan il Terribile era stato fin troppo clemente. La storia russa è una sequenza di modernizza­zioni tardive e imposte dall’alto. I modelli sono sempre occidental­i: Olanda e Inghilterr­a per Pietro il Grande; la democrazia parlamenta­re anglofranc­ese per i rivoluzion­ari del 1904; le due Rivoluzion­i francesi (1789, 1870) e il pensiero marxista per Lenin; una prudente economia di mercato per Gorbaciov; un presidenzi­alismo più o meno autoritari­o per Eltsin e Putin. Ma la Russia che qualcuno si ostina a considerar­e barbara è anche lo straordina­rio atelier culturale dove sono nati la poesia di Pushkin, i romanzi di Tolstoj, Dostojevsk­ij e Gogol, il teatro e i racconti di Cechov e Turgenev, la musica di Mussorskij, Chaikovski­j e Shostakovi­c, le avanguardi­e del primo Novecento, i balletti di Djaghilev, l’epica testimonia­nza di Solzhenits­yn. Come è possibile detestare la Russia?

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