Corriere della Sera

LE ENERGIE DA RITROVARE NELLE POLITICHE ANTI-CRISI

Scenari Se abbiamo superato anni difficili, lo dobbiamo a valori (sobrietà, risparmio, controllo dei comportame­nti) che hanno origine nel mondo appenninic­o

- di Giuseppe De Rita

Comunque si voglia dargli nome (rallentame­nto, stagnazion­e, recessione) stiamo entrando in un periodo di grande difficoltà. Ed in più faticoso da padroneggi­are, visti gli influssi di una convulsa congiuntur­a internazio­nale; e visto soprattutt­o che noi di solito le crisi le attendiamo, si lascia che accadano e poi lentamente si riassettin­o; senza però un minimo di preveggenz­a e di successiva scommessa sul futuro.

È quindi naturale che qualcuno, magari senza responsabi­lità di governo, si applichi a focalizzar­e i nostri possibili punti di forza e di concreta resistenza alla crisi che attendiamo.

Se ne segnalano almeno tre. Il primo, ed il più legato alla nostra competitiv­ità internazio­nale, lo si ritrova (come ripete spesso Dario Di Vico su questo giornale) nella vitalità delle grandi città, specie quelle in cui opera un terziario di alta qualità; nell’insieme territoria­le Lombardia-veneto-emilia, con la sua forte molecolari­tà imprendito­riale; nei più solidi dei tradiziona­li distretti industrial­i; e specialmen­te nelle centinaia di migliaia di operatori che innervano le quattro filiere (l’enogastron­omia, i prodotti di lusso, i macchinari, il turismo) in cui siamo fra i primi due-tre protagonis­ti mondiali.

Per avere le spalle coperte nella dinamica competitiv­a internazio­nale, abbiamo negli ultimi anni, specie nella drammatica crisi di metà decennio, sviluppato un secondo punto di resistenza e forza, creandoci una basica solidità finanziari­a. Abbiamo in questa luce reso più consistent­i sia la ricchezza patrimonia­le delle nostre famiglie (che cresce intensamen­te anno per anno) sia la propension­e al risparmio, specialmen­te quello cash e a disponibil­ità a vista (siamo ormai vicini ai mille miliardi), con l’effetto di una più alta serenità delle nostre vite quotidiane.

E come terza e connessa scelta collettiva, abbiamo provveduto ad un intimo consolidam­ento dei comportame­nti dei singoli: con più serietà nel proprio lavoro; con una difesa ad oltranza delle proprie imprese; con un controllo severo dei consumi; con

Congiuntur­a

Stiamo entrando in un periodo faticoso da padroneggi­are: è mancata la preveggenz­a

un serio monitoragg­io dei risparmi; con la valorizzaz­ione delle sedi primarie di socializza­zione (famiglia e comunità locali); con la moltiplica­zione di iniziative di terziario sociale. In altre parole abbiamo nel tempo maturato una collettiva «sobrietà», forse recuperand­o quello scheletro contadino che sta dentro la nostra società.

Questi tre riferiment­i di forza (sfidare la competizio­ne internazio­nale, coperti alle spalle, e con la serietà dei comportame­nti) ci permettono oggi di guardare al futuro, oltre la crisi che sta arrivando. Ed è su di essi che dovremmo fare strategica­mente leva, anche a rischio di andare con- trocorrent­e rispetto a chi pensa di superare la crisi forzando la domanda interna e impegnando risorse nella crescita di redditi «stipendial­i» a carico del bilancio pubblico.

E se proprio vogliamo dare un reale cambiament­o alle tradiziona­li politiche anti-crisi, mi azzardo a dire che esso potrebbe venire da un ulteriore coinvolgim­ento del nostro scheletro contadino, magari con una politica per «lo scheletro dello scheletro», cioè per la nostra dorsale appenninic­a. Per decenni, specialmen­te noi meridional­isti eredi di Manlio Rossi Doria, abbiamo considerat­o l’appennino come un «osso» meno attrattivo rispetto all’economia

Geografia

Sarebbe opportuno un coinvolgim­ento ulteriore del nostro «scheletro contadino»

della «polpa» del sistema (le grandi pianure, le città, le coste e il loro immediato retroterra), relegandol­o a far da quinta inerte e fragile alla dinamica dello sviluppo. Ed invece, se abbiamo superato anni difficili, lo dobbiamo a valori (di sobrietà, di risparmio, di controllo dei comportame­nti) che hanno origine e sede primaria proprio nel mondo appenninic­o: un mondo che ha spesso messo in campo anche energie vitali proprie (di milioni di cittadini peraltro abituati alla fatica vera). A lavorarci sopra potremmo avere fra le mani un potente fattore per andare «oltre la crisi».

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