E adesso perde anche i tifosi
Gli azzurri buttano un’occasione. Record negativo di spettatori
ROMA Restano, alla fine, la sensazione netta di aver perso un’occasione e la certezza che la famosa passione italiana comincia a perdere colpi. Vince il Galles, 26-15, e lo fa davanti a 38.700 spettatori, record negativo da quando, nel 2012, l’italia abbandonò il Flaminio e si trasferì all’olimpico. Avrà pesato anche l’orario, ieri, ma è un fatto che le continue sconfitte (siamo a 19 di fila nel Sei Nazioni) pesano e assottigliano il popolo dei fedeli.
Il Galles ha collezionato l’undicesimo successo consecutivo, eguagliando la serie d’oro costruita tra il 1907 e il 1911. Ci è riuscito correndo qualche rischio di troppo, un po’ per il turnover massiccio deciso dal suo c.t. Warren Gatland, un po’ perché l’italia è stata più viva rispetto a Edimburgo. Abbastanza per far pari nel conto delle mete (2-2), non abbastanza per ribaltare il punteggio che ha sempre visto i gallesi davanti. Gli azzurri sono stati a lungo agganciati agli avversari, ma non hanno mai saputo piazzare il pugno pesante. Per la capacità dei dragoni nella battaglia a terra e per una serie di errori che nel Sei Nazioni non puoi permetterti. Palazzani ha avuto ancora molte difficoltà, e quando il mediano di mischia ha problemi, li ha tutta la squadra perché tutti i palloni passano per le mani del numero 9. Le sue colpe però sono relative, il guaio è che il nostro rugby non ha grandi alternative, soprattutto in alcuni ruoli, e se il Galles può permettersi di cambiare 10 giocatori da una partita all’altra, noi siamo in emergenza per un paio di infortuni.
«Manca poco, piccole cose, un po’ di disciplina» raccontava a fine gara Abraham Steyn, sudafricano arruolato alla causa azzurra. Vero, ma sono sempre quelle piccole cose che fanno la differenza anche in una partita giocata fino in fondo, senza perdere contatto dagli avversari costretti a mandare in campo Alun Wyn Jones e gli altri pezzi da novanta seduti in panchina prima del previsto perché le cose non stavano andando troppo bene e la possibilità di finire a gambe all’aria aleggiava nello stadio mezzo vuoto.
Conor O’shea ha parlato del breakdown, la battaglia di terra, il confronto fisico nel quale se non avanzi sei perduto: «Loro sono bravi in questa fase, noi dobbiamo lavorarci su, e poi voglio andare a rivedermi alcune cose che non ho capito». L’altro cruccio dell’irlandese è non aver sfruttato le occasioni a inizio secondo tempo per agguantare il «momentum». Lì in effetti le cose potevano girare, l’italia era sotto di 2 e il Galles soffriva. Ma la meta di Adams, la prima dei rossi, nata da un possesso azzurro malamente perduto, ha affossato i nostri.
Poteva andare meglio, ma ancora una volta l’italia ha lasciato il campo a mani vuote, se non altro accompagnata dagli applausi dei presenti. Pochi, come detto, tanto che non è escluso che la Nazionale, andando avanti così, possa cambiare «casa». Lo ha detto Alfredo Gavazzi, il presidente federale: «È chiaro che ci farebbe comodo un altro contenitore». Il Flaminio è a due passi, l’italia ci ha giocato per 12 anni. Oggi, però, quello stadio è una rovina.