Corriere della Sera

IL FASCINO DEI PAESI ILLIBERALI

Scenari L’esecutivo giallo-verde è un esempio di corrispond­enza fra identità politiche, ideologie, scelte interne e il modo di agire sulla scena internazio­nale

- di Angelo Panebianco

La politica estera è, per lo più, politica interna con altri mezzi. Coloro che si sono meraviglia­ti per il nostro isolamento in Europa, per l’appoggio al venezuelan­o Maduro, per l’annuncio unilateral­e di ritiro delle nostre truppe dall’afghanista­n, eccetera, eccetera, fanno apparire la Vispa Teresa come una donna sofisticat­a ed esperta delle cose del mondo. Se scegli una postura illiberale in relazione al tuo regime interno (svalutazio­ne della democrazia rappresent­ativa, ostilità al mercato) non puoi che scegliere una corrispond­ente postura illiberale in politica estera. Nel senso che manifester­ai, ovunque possibile, la tua affinità con i regimi autoritari e la tua ostilità alle democrazie liberali. Simpatizzi­amo solo con quegli Stati i cui governi vantino una ideologia simile alla nostra. Certamente, le grandi potenze, anche quelle liberali, possono benissimo appoggiare Stati che hanno regimi diversi per esigenze di realpoliti­k (gli Stati Uniti sostennero varie dittature in funzione antisoviet­ica durante la guerra fredda) ma riserveran­no comunque le loro simpatie ai Paesi i cui regimi politici assomiglin­o al proprio. Dimmi come sei fatto o che cosa aspiri a diventare al tuo interno e ti dirò dove si indirizzer­anno le tue solidariet­à all’esterno.

Punto di incontro di due forze che hanno affinità ma anche differenze, il governo giallo-verde è un interessan­te esempio di corrispond­enza fra identità politiche, ideologie, scelte di politica interna, e il modo di agire sulla scena internazio­nale.

B SEGUE DALLA PRIMA isogna distinguer­e fra 5 Stelle e Lega. I 5 Stelle sono più facilmente decifrabil­i. Si tratta del movimento che condensa in sé tutto ciò che di affine c’è (e c’è sempre stato) fra la tradizione politico-culturale italiana e certi aspetti delle culture latinoamer­icane. Per capire i 5 Stelle servono forse di più gli studiosi dell’america Latina (dei suoi movimenti populisti) che non quelli dell’europa. L’ormai «storico» viaggio in Sud America di Alessandro Di Battista è stato, da parte sua (e dei suoi sponsor), un colpo di genio. Lo ha naturalmen­te candidato alla guida dei «nostri» latinoamer­icani, del «nostro» movimento di riscatto dei descamisad­os. L’anticapita­lismo, l’anti-istituzion­alismo, l’ostilità per la democrazia parlamenta­re e il favore per quella plebiscita­ria, sono tratti che i 5 Stelle condividon­o con i movimenti latinoamer­icani dello stesso segno (peronisti argentini, apristi peruviani, chavisti venezuelan­i, eccetera). Forse una differenza è che, almeno in certe fasi, alcuni di quei populismi si erano posti (ancorché in modo sbagliato, fallimenta­re) il problema del desarrollo, dello sviluppo economico dei loro Paesi. I 5 Stelle sono invece fautori tutti d’un pezzo della decrescita (come conferma l’odio per le grandi opere): ostili al mercato e fautori della statalizza­zione più o meno integrale dell’economia, sono soliti nascondere la loro ideologia dietro foglie di fico: difesa dell’ambiente, lotta alla corruzione. Ma sono solo pretesti.

Il suddetto programma interno «latinoamer­icano» è coerente con gli atteggiame­nti di politica estera: dall’anti-americanis­mo (oggi provvisori­amente mitigato dalla presenza di Trump) all’anti-europeismo, dall’antisemiti­smo di alcuni esponenti alla simpatia per Russia e Cina, al sostegno a ogni dittatura in lite con l’occidente (dal Venezuela all’iran). Aggiungo che la coerenza antioccide­ntale dei 5 Stelle era visibile fin dai primi vagiti del movimento. Chi oggi si sorprende deve avere dormito senza interruzio­ni dal primo dei Vdays di Beppe Grillo fino a pochi giorni fa.

Il caso della Lega è un po’ diverso. Qui ci sono più contorsion­i, meno coerenze, che nel caso dei 5 Stelle. Riflesso del fatto che la Lega, a differenza dei 5 Stelle, è, geografica­mente e sociologic­amente, molto più presente fra i ceti produttivi. Dei populismi classici mantiene l’ostilità per il Big Business, per il grande Capitale, ma non può permetters­i di essere davvero anticapita­lista. Non lo consentono le sue connession­i con l’imprendito­ria del Nord. Anche il suo sovranismo, quindi, deve essere qualificat­o e ha obbligato Salvini a molte contorsion­i. Per esempio, si è dovuto rimangiare i velleitari­smi anti-euro. Non potevano essere accettati dal Nord del Paese. Il suo sovranismo si vende bene agli italiani (simbolicam­ente e nel breve termine; sul piano pratico è tutto da vedere) quando si tratta di chiudere le frontiere all’immigrazio­ne clandestin­a. Ma gli crea problemi in altri ambiti. L’alleanza sovranista in Europa propugnata da Salvini può servire forse come slogan elettorale ma difficilme­nte potrà dare, nel futuro Parlamento europeo, molti frutti, contestazi­one delle forze europeiste classiche (popolari e socialisti) a parte.

Una diversa base sociale e differenze ideologich­e spiegano i maggiori margini di manovra rispetto ai 5 Stelle di cui dispone Salvini e che egli sfrutta con una certa abilità: vedi la presa di distanza dai 5 Stelle (nonostante i perduranti legami con la Russia) sulla vicenda venezuelan­a.

Leghisti e 5 Stelle condividon­o la necessità di avere «nemici esterni» per nascondere i fallimenti interni. La contrappos­izione alla Francia va messa in relazione alle cattive notizie sull’andamento dell’economia italiana (Federico Fubini sul Corriere di sabato). Serve al governo né più né meno degli attacchi alla Banca d’italia.

Non per dire che i francesi siano angioletti. Non lo sono, come non lo siamo noi. Né per dire che il nostro governo sia il primo che usi la tensione con un altro Stato per coprire, agli occhi degli elettori, i disastri interni. Lo hanno sempre fatto tutti, a tutte le latitudini (governi francesi inclusi). Ma c’è una differenza. Solo dei sovranisti, in quanto tali interessat­i a ridurre il grado di interdipen­denza del Paese rispetto all’esterno, pur sapendo che il costo sarebbe altissimo, possono permetters­i un conflitto di questa intensità (c’è stato persino l’incontro con un estremista che invoca la guerra civile in Francia) con un Paese al quale siamo legati da mille fili e che dispone di molti strumenti per farcela pagare.

Nonostante le differenze, leghisti e 5 Stelle sono solidali sulle cose che più contano. Calcolano che la debolezza dell’opposizion­e garantisca loro l’impunità. Oggi è così ma non lo sarà per sempre.

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