Mahmood: italiano al 100% cresciuto in periferia tra i cantautori di mamma e la musica araba di papà»
«Alle elementari avevo amici di tante nazionalità diverse»
Non ho riallacciato i rapporti con mio padre, sono fermi da tempo indeterminato. Se mai dovesse esserci un riavvicinamento spero che sia per parlare di musica
Fan dei Pokémon «Sono un nerd, un fan dei Pokémon e non vedo l’ora che esca il nuovo gioco»
La canzone con la quale ho vinto la gara parla di denaro, ma non in senso materiale. Mostra come i soldi cambino i rapporti all’interno di una famiglia
Il giudizio
«Cosa ne penso del ministro dell’interno? Che il giudizio sulla musica è soggettivo»
SANREMO «Avrei voluto festeggiare assieme a mia mamma, mia zia e mio zio che erano qui e anche con lo staff della casa discografica. Finite le interviste e le foto di rito erano le cinque e mezza e sono crollato». Un’ora di sonno ed era già in piedi. Ci sono stanchezza e stupore (vero, lo si è visto alla proclamazione) negli occhi di Mahmood, all’anagrafe Alessandro Mahmoud, vincitore del Festival di Sanremo.
Il sindaco di Milano Beppe Sala ha twittato: «Con te ha vinto Gratosoglio, Milano e l’italia...».
«Mi ha invitato a Palazzo Marino e andrò a trovarlo volentieri».
Vive ancora in periferia?
«Sì e non vedo l’ora di tornare a dormire nel mio letto. Sono uno “comodino”... Rivendico con orgoglio di essere cresciuto a Milano sud, ci sono affezionato».
Allarghiamo a tutta la città: che rapporto ha?
«È la culla della mia musica. L’anno scorso ho anche pubblicato una canzone, “Milano Good Vibes”, in cui la racconto come amica e parente, ispirazione e tutto».
Allarghiamo ancora, mamma sarda e papà egiziano: rappresenta una nuova Italia?
«Sono nato a Milano. Sono italiano al 100%. Ogni volta che sento parlare di differenze mi fa strano. Per la mia generazione, sono nato nel 1992, è normale. Sin dalle elementari sono stato abituato ad avere compagni di tante nazionalità diverse. Non parlerei nemmeno di un’italia che cambia: per me è stata così sin da piccolo».
Matteo Salvini ha twittato:
«La canzone italiana più bella? Io avrei scelto Ultimo». Che ne pensa?
«Che il giudizio sulla musica è soggettivo».
Se l’italia non è nuova socialmente lo è musicalmente: tre under 30 sul palco. Sente il cambiamento?
«Quando è stato annunciato il cast ero felicissimo. Non mi aspettavo che ci potesse essere un festival moderno e all’avanguardia come questo. Di Motta ero appena stato a sentire il concerto a Milano cantando tutte le canzoni sottopalco. È un onore far parte di questa scena. Sono felice che la gente mi veda come diverso e nuovo».
E per sottolinearlo lei definisce la sua musica «morocco-pop». Cos’è?
«Sono cresciuto con mamma che ascoltava i cantautori: Battisti, De Gregori, Carboni e Antonacci erano i suoi preferiti. Nei viaggi in macchina papà metteva le cassette delle cantanti arabe, soprattutto marocchine, come Shirine. Quelle melodie, che sono tornato ad ascoltare dopo anni, sono entrate nella mia musica».
È arrivato a Sanremo dopo aver vinto le selezioni dei Giovani. Baglioni dice che la sua vittoria è una «favola». Le piace?
«È un viaggio di due mesi che a me sembra sia durato un’eternità. È accaduto tutto subito. La vittoria non era certo nei miei pensieri. Sono felice e orgoglioso del fatto che anni di impegno aiutino ad arrivare a un risultato come questo, tassello dopo tassello».
A scuola come andava?
spagnolo «Ho fatto lo parlo il linguistico. ancora bene, Lo ma in inglese non ero una cima. E infatti in quinta sono stato bocciato. Finita la maturità ho iniziato a studiare pianoforte privatamente».
Nel 2012 una fugace apparizione a «X Factor», nel 2016 Sanremo Giovani, quindi il lavoro come autore per Fabri Fibra, Michele Bravi e Elodie, Mengoni. E prima che la musica diventasse un lavoro?
«Ho fatto il barista per 3 anni e mezzo. In zona San Babila. Facevo l’apertura e mi dovevo svegliare alle 4 e mezza ogni mattino. È stata dura ma mi è servita per capire meglio cosa volevo fare nella vita e cosa no». E la musica andava in parallelo...
«Sì, se mi veniva un’idea per un testo me la appuntavo sul taccuino fra l’ordine di un cappuccino e brioche e l’altro». Oltre la musica?
«Sono un nerd. Sono un fan dei Pokémon. Non vedo l’ora che esca il nuovo gioco, anche se temo di dover cambiare consolle. E poi ci sono i libri che mi aiutano a costruire l’immaginario descrittivo dei testi delle mie canzoni. Rileggerei all’infinito Principianti di Raymond Carver. E il mio album si chiama Gioventù bruciata come il film che amo per l’estetica e perché il personaggio di James Dean ha una malinconia innata che ritrovo nei miei brani».
«Soldi» è una delle parole più usate nei testi della trap... Lei la utilizza in modo diverso.
«La canzone parla di denaro, ma non in senso materiale. Mostra come i soldi cambino i rapporti all’interno di una famiglia». Ha riallacciato i rapporti con suo padre?
«No, sono fermi da tempo indeterminato. Se mai dovesse accadere spero che sia per parlare di musica...».