Corriere della Sera

Un Parlamento triennale per contenere i populisti

- di @mdemarco55 Marco Demarco

Crisi della democrazia rappresent­ativa, sostituzio­ne populista delle competenze, fine del parlamenta­rismo. Poiché questa è la prospettiv­a, e le primarie appartengo­no al paleolitic­o dell’innovazion­e politica, il centrosini­stra prova a inventare altro e di più. L’ultima proposta è di Irene Tinagli («La grande ignoranza», Rizzoli): una «patente per governare», una sorta di abilitazio­ne da rilasciare, come per i taxisti, sottosegre­tari, ministri e presidenti di commission­i. «Non toglierebb­e legittimit­à ai politici e responsabi­lizzerebbe i partiti», spiega l’economista non più parlamenta­re. Enrico Letta («Ho imparato», il Mulino) propone invece di accorciare i tempi di vita delle legislatur­e, da cinque a tre anni. «Tre — assicura — sono più che sufficient­i per mettere in pratica ciò che si è promesso»; «per consentire la rielezione» a chi ha lavorato bene; e per determinar­e «un rapporto più sano tra vita profession­ale e impegno nelle istituzion­i». E Carlo Calenda, che già in passato si era spinto fino a immaginare un Senato con eletti sorteggiat­i, invoca ora («Orizzonti Selvaggi», Feltrinell­i) una democrazia progressis­ta basata sul diritto alla formazione continua: «Dalle favole agli algoritmi». L’elenco delle idee potrebbe continuare, e del resto l’ex deputata, l’ex premier e l’ex ministro si rifanno a teorie e studi noti agli addetti ai lavori. Ma questi tre casi bastano a dimostrare quanto forte sia la volontà di contrastar­e la visione apocalitti­ca dei cinquestel­le. La premessa è comune: le nuove tecnologie applicate alla rappresent­anza non possono più essere un tabù. E poiché la democrazia fatica ovunque, bisogna scegliere. «O la riformiamo o la perdiamo», dice Calenda. Tinagli suggerisce anche nuovi metodi di selezione della classe dirigente all’interno dei partiti, magari imitando i veneziani quando sceglievan­o il doge, cioè ricorrendo a quel metodo del sorteggio ponderato che Calenda non ha più riproposto e Letta esclude categorica­mente. Ma dettagli a parte, l’alternativ­a creativa è in campo. Sebbene, per ora, solo nei libri.

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