Corriere della Sera

La Lega frena, Conte media E lo sfogo di Visco: mai vista una cosa simile

Salvini: qualcosa va cambiato, non necessaria­mente qualcuno

- di Federico Fubini e Marco Galluzzo

Alle sei del pomeriggio negli uffici del presidente del Consiglio il caso Banca d’italia appare più che mai una questione irrisolta. Filtra solo che il premier Giuseppe Conte starebbe ricevendo «enormi pressioni istituzion­ali», ma che per ora la linea «assolutame­nte non cambia, non si torna indietro». Insomma la sedia vuota, quella del vice direttore di via Nazionale, resterà tale sia oggi, quando si riunirà per la prima volta il direttorio dell’istituto senza Luigi Federico Signorini, sia nei prossimi giorni e forse settimane.

L’arroccamen­to del governo almeno in apparenza prosegue, anche se del problema si è discusso ancora ieri sera a Palazzo Chigi. Certo dalla Banca d’italia non arrivano segnali di cedimento e il governator­e viene descritto come profondame­nte irritato: «Una cosa simile non si era mai vista» avrebbe commentato Ignazio Visco, dopo che giovedì notte il Consiglio dei ministri aveva omesso di mandare al presidente della Repubblica il parere, per il decreto di nomina, sulla conferma di Signorini nel direttorio della Banca d’italia. Di certo l’istituto centrale in questo momento non recede da una designazio­ne che gli spetta, con parere non vincolante del governo, con potere di conferma del Quirinale e una cornice di legge europea sull’indipenden­za della banca centrale.

È in questo quadrilate­ro istituzion­ale che si giocherà la partita da ora in poi e tutto induce a pensare che, quale che sia la levata di scudi in questi giorni, protagonis­ta ne sarà il premier Conte. Nella maggioranz­a l’attitudine verso la Banca d’italia resta ambivalent­e, più che del tutto ostile. Dieci giorni fa Marco Valli e Marco Zanni, eurodeputa­ti rispettiva­mente dei 5 Stelle e della Lega, hanno presentato un’interrogaz­ione alla Banca centrale europea sulla proprietà legale delle 2.452 tonnellate d’oro della Banca d’italia. Il loro sottinteso è che di quelle risorse debba poter disporre il governo, in quanto eletto dagli italiani, magari anche per finanziare le proprie politiche. Passata la campagna elettorale per le regionali in Abruzzo però su questo punto, così come sull’ipotesi di rimozione dei vertici di Banca d’italia, il vicepremie­r leghista Matteo Salvini si è dimostrato più cauto: «Qualcosa va cambiato in Banca d’italia — ha detto — non necessaria­mente qualcuno»; e ancora: «L’oro è degli italiani, ma per quanto mi riguarda resta lì», ossia nella banca centrale.

Dunque la Lega ora allenta la sfida, forse perché capisce che un nuovo fronte di tensione non può che aggravare l’incertezza e la recessione in Italia. I 5 Stelle a Palazzo Chigi invece resistono. Il risultato è che a Conte spetta la responsabi­lità di sbrogliare la matassa. Il premier sa che anche un parere negativo inviato dal Consiglio dei ministri al Quirinale su Signorini sblocchere­bbe l’impasse, perché il capo dello Stato confermere­bbe il banchiere centrale. Ma Conte capisce anche che per il Consiglio dei ministri omettere di fornire pareri sulle nomine nel direttorio, per paralizzar­e tutto, violerebbe le leggi italiane europee. E poiché lui stesso sarebbe chiamato a rispondern­e di fronte alle istituzion­i del Paese e dell’unione Europea, il tentativo di trovare un compromess­o non può più attendere molto.

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