Gli irriducibili asserragliati in due villaggi
Dai due villaggi assediati fuggono le donne e i bambini, qualche uomo tra loro, pigiati in diciassette furgoni. Sono i famigliari — anche francesi, turche, ucraine — dei miliziani fondamentalisti rimasti asserragliati in cinque chilometri quadrati. Sono tra i 400 e i 500 terroristi dello Stato Islamico che non vogliono mollare l’ultimo morso di territorio ancora sotto il loro controllo, l’1 per cento di quello che una volta era un dominio steso tra la Siria e l’iraq. L’offensiva nella provincia di Deir elzor è cominciata sabato. Le truppe curde avanzano sostenute dai bombardamenti della coalizione occidentale. Si muovono con circospezione per evitare di cascare nelle trappole esplosive disseminate dagli estremisti, che si proteggono dietro a scudi umani. Contano di riconquistare Baghuz e Abu Kamal, al confine con l’iraq. entro la fine della settimana. È quanto pronosticato anche da Donald Trump, il presidente americano, che ha fretta di poter dichiarare lo Stato Islamico sradicato e procedere con il ritiro dei 2000 soldati americani. Dalla fine del 2015 combattono in questi deserti per sconfiggere il Califfato. Che potrebbe risorgere e riconquistare territorio in 6-12 mesi — avverte un dossier interno del Pentagono — se la pressione militare dovesse ridursi, anche perché sfrutterebbe il disimpegno statunitense per la propaganda e il reclutamento. Il Sud-est è l’area dove in queste settimana la guerra siriana va ancora avanti con maggiore intensità. Bashar Assad, sostenuto dai russi e dagli iraniani, ha ricatturato i due terzi del Paese, i suoi alleati già parlano di ricostruzione e Teheran invita i rifugiati a lasciare i campi dove sono ammassati tra Libano, Giordania e Turchia. Molti di loro non si fidano, in questi otto anni di caos — dalle prime proteste pacifiche per chiedere le riforme — il regime li ha considerati tutti oppositori solo perché erano scappati dalla devastazione.