L’ultimo sorriso è per la moglie Il Chapo dieci volte colpevole
Tre mesi, 56 testimoni: la condanna del boss coinvolge diversi politici
Le tappe
● Ieri a Manhattan El Chapo è stato ritenuto colpevole di 10 capi di imputazione, dall’associazione criminale, fino al traffico di droga e armi ● Il 19 gennaio 2017, Joaquín Archi Guzmán Loera è stato estradato dal Messico negli Stati Uniti
● Nel gennaio 2016 Guzmán è stato catturato a Los Mochis nella regione messicana del Sinaloa
● Nell’ottobre 2015 El Chapo incontra la star di Hollywood Sean Penn e l’attrice messicana Kate del Castillo
La storia di «El Chapo», forse, finisce qui. Il tribunale di Brooklyn lo ha riconosciuto colpevole per tutti i 10 capi di imputazione: dall’omicidio al traffico di droga. Nell’udienza già fissata per luglio i giudici decideranno la condanna: ergastolo, molto probabilmente.
Il «re dei narcos» ha ascoltato la sentenza impietrito. Poi, raccontano i cronisti presenti in aula, si è girato verso la moglie, Emma Coronel Aispuro, 29 anni, da ragazza «Miss Coffee and Guava». Emma ha salutato il padre dei suoi due figli con il pollice alzato e le lacrime agli occhi.
Tre mesi di dibattimento, 56 testimoni. Un racconto corale incredibile che sicuramente continuerà ad alimentare la sinistra leggenda di Joaquín Archivaldo Guzmán Loera, detto «El Chapo», il corto, nato a La Tuna, nello Stato di Sinaloa, Messico, il 4 aprile 1957.
Nel processo si è sentito e visto di tutto: la crudeltà del clan, le amanti, le fughe spettacolari. Ma il risultato più pesante tocca il rapporto tra crimine organizzato e politica. Di fatto «tutti i livelli» di polizia, esercito e classe dirigente del Messico erano sul libro paga di «El Chapo». Tutti, compresi Genaro García Luna, il responsabile della sicurezza pubblica nel Paese, e, soprattutto l’ex presidente Enrique Peña Nieto, che avrebbe ricevuto 100 milioni di dollari nel corso della campagna elettorale del 2012.
Certo, non sembra una notizia sorprendente: libri, film e serie tv, come la recente «Narcos» prodotta da Netflix, ci hanno assuefatto all’idea di un intreccio tra boss, generali, ministri e presidenti. Questa, però, non è fiction. E Peña Nieto, ora sostituito da Manuel Lopez Obrador, è stato considerato per sei anni un interlocutore affidabile e rispettabile da Barack Obama, Donald Trump e dalla comunità internazionale.
Dal tribunale di Brooklyn, quindi, arriva un segnale anche per la Casa Bianca, nel pieno della nuova offensiva antidroga. Si può discutere sull’efficacia del Muro. È certo, invece, che andrebbe sradicata la rete di corruzione e complicità tessuta in trent’anni da «El Chapo». Se non altro perché il sistema è ancora in piedi, gestito in parte dai figli di Guzmán Loera. Come scrive il New York Times, nel 2016 e nel 2017, gli anni in cui «El Chapo» viene arrestato definitivamente ed estradato a New York, la produzione di eroina messicana è aumentata del 37%; i sequestri di fentanyl, la micidiale sostanza oppioide, sono più che raddoppiati Alla sbarra
El Chapo, 61 anni, in tribunale a Manhattan. A sinistra, la moglie Emma Coronel Aispuro, 29 anni al confine tra Stati Uniti e Messico.
Protezioni e connivenze, retribuite generosamente, hanno sospinto la scalata di «El Chapo». Comincia da ragazzo, come semplice manovale del crimine, alle dipendenze del «padrino» di Sinaloa, Felix Gallardo, il federatore delle gang messicane, in affari con i cartelli colombiani di Pablo Escobar e del gruppo di Cali. El Chapo non arrivò alla terza elementare. La sua vera «scuola» fu lo spirito organizzativo, manageriale di Gallardo. In quel tempo alla marijuana si aggiunse la cocaina. Con la gestione di «El Chapo» ecco anche il ritorno dell’eroina e nello stesso tempo le innovative droghe sintetiche. Risultato, secondo le conclusioni del pubblico ministero di Brooklyn, la magistrata Andrea Goldbarg: incassi per 14 miliardi di dollari fruttati dal traffico di 200 tonnellate di droghe. I corrieri avevano a disposizione yacht, motoscafi veloci, barche da pesca di altura,
Il cartello
Il boss probabilmente avrà l’ergastolo ma il sistema resta in piedi, gestito anche dai figli
aeroplani, treni cargo, sottomarini, celle frigorifere piene di carne e di barattoli di peperoncini verdi e un tunnel per scavalcare la frontiera, con imbocco ad Agua Prieta e uscita nel deserto dell’arizona. Queste sono le basi materiali della spietata mitologia del «piccolo» Padrino. È l’esecutore o il mandante di omicidi clamorosi, come quello del cardinale Juan Jesùs Posadas Ocampo nel 1993, o passati inosservati nella carneficina di quegli anni. È il protagonista di evasioni spettacolari. Nel 2001 uscì da una prigione messicana, nascosto nel carrello della biancheria sporca; nel 2012 beffò gli agenti dell’fbi scappando dal retro della sua villa a Los Cabos.
Nel 2015 l’impresa più celebre: la fuga dal penitenziario messicano di Altiplano, percorrendo un tunnel di un chilometro e mezzo scavato dai complici, in sella a una moto agganciata a una rotaia.