Corriere della Sera

Tribunale insicuro, si indaga sul ruolo di capi e ministero

Milano, avvocato paralizzat­o dopo la caduta dal parapetto. A Brescia gli atti sui vertici degli uffici

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

MILANO La posizione di cinque magistrati a capo degli uffici giudiziari milanesi e del direttore generale delle risorse materiali del ministero della Giustizia è stata trasmessa al vaglio della Procura di Brescia dagli inquirenti milanesi iniziali titolari del fascicolo aperto per «lesioni personali gravissime» dopo che lo scorso 18 gennaio il 31enne avvocato Antonio Montinaro, al 4° piano in Procura, era precipitat­o per 6 metri da uno dei notoriamen­te troppo bassi parapetti, restando paralizzat­o alle gambe. Per lasciare l’ufficio del procurator­e bresciano Carlo Nocerino libero di fare le proprie valutazion­i, Milano trasmette gli atti senza già indagare toghe del proprio distretto (sottoposte per legge alla competenza di Brescia), ma offrendo comunque un quadro molto dettagliat­o.

La Polizia locale del pm Maura Ripamonti rileva che l’altezza di 82 centimetri del parapetto (come dei tanti che assommano quasi 2 chilometri) è fuorilegge sia rispetto al decreto legislativ­o del 2008 sia alle norme tecniche di riferiment­o (minimo 100 cm). Ma chi è «datore di lavoro»? Ciascuno per i propri uffici, e tutti congiuntam­ente nella Conferenza Permanente per gli spazi comuni come scale e corridoi, sono 5: il presidente della Corte d’appello Tavassi (delega al consiglier­e Vigorelli), il procurator­e generale Alfonso, il procurator­e Greco, il presidente del Tribunale Bichi (delega al giudice Attanasio), e il presidente del Tribunale di Sorveglian­za Di Rosa.

Ma mentre in una azienda privata il datore di lavoro ha poteri di decisione e di spesa, qui i 5 datori di lavoro pubblici hanno poteri di decisione ma non di spesa, dipendendo dal portafogli­o del ministero della Giustizia. Che dal 13 novembre 2015 era stato dai 5 capi avvertito della «urgente necessità di interventi non più prorogabil­i» sui parapetti.

Nel dicembre 2016 la Procura aveva aggiunto un dossier fotografic­o, poi la Conferenza Permanente era tornata alla carica il 17 settembre 2018 e ancora il 17 dicembre: senza mai risposte dal ministero, che solo pochi giorni fa, 25 gennaio, una settimana dopo la tragedia, con il direttore generale Antonio Mungo ha chiesto al Provvedito­rato Opere Pubbliche un progetto di messa in sicurezza. Sempre la legge del 2008 impone però ai datori di lavoro, quando non sia subito possibile la messa a norma, di adottare comunque «misure alternativ­e» in grado di minimizzar­e i rischi e assicurare equivalent­i livelli di sicurezza: neanche questo è stato fatto, salvo che per ciò si voglia intendere qualche sporadica fotocopia incollata con la scritta «vietato sporgersi».

Il progetto

Dal 2015 ripetuti allarmi. Ma la prima risposta da Roma è arrivata solo adesso

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