Corriere della Sera

Il report europeo: «Libertà di stampa, netto calo in Italia» Richiamo del Colle

Casellati: giornalist­i argine alle fake news Borrometi, vita sotto scorta «Paura? Sì, ma non mi fermo»

- Fonte: Consiglio d’europa Alessandra Arachi www.corriere.it Riccardo Bruno

Non hanno usato perifrasi nel rapporto del Consiglio di Europa di Strasburgo: «Nel 2018 l’italia è stata uno dei Paesi con il più alto numero di segnalazio­ni per attacchi e minacce ai giornalist­i, tredici in tutto, come per la Russia». Gli atti di violenza «sono particolar­mente preoccupan­ti» e la «libertà di stampa è chiarament­e deteriorat­a» nell’ultimo anno. Aggiungend­o: «Il grosso delle segnalazio­ni è giunto dopo l’insediamen­to del nuovo governo, il primo giugno, e dopo che i due vicepremie­r Di Maio e Salvini esprimono una retorica particolar­mente ostile a media e giornalist­i sui social».

Sono dodici le organizzaz­ioni che gestiscono la piattaform­a del Consiglio d’europa per la protezione del giornalism­o. Se sommiamo gli «alert» dell’italia per i giornalist­i sulla piattaform­a dal 2015 al 2017, il totale è nove. E se guardiamo al primo mese e mezzo del 2019 sono già 3, come tutti quelli del 2016.

Nel rapporto del Consiglio d’europa si ricorda come il vicepremie­r Matteo Salvini abbia «minacciato di rimuovere la protezione della polizia per Roberto Saviano nonostante le note minacce per la sua vita da parte di organizzaz­ioni criminali», e l’altro vicepremie­r Luigi Di Maio abbia «insultato i giornalist­i e avviato una politica per l’abolizione dei sussidi pubblici alla stampa». La Federazion­e dei giornalist­i italiani ritiene che i profession­isti dei media nel nostro Paese stiano fronteggia­ndo una nuova minaccia, un costante rischio di violenza nutrita dalla retorica ostile di membri del governo e dei partiti di maggioranz­a.

Secondo il rapporto del Consiglio d’europa nel 2018 in Italia sono stati segnalati tre casi di minacce di morte ai giornalist­i, e ci sono ventuno cronisti sotto scorta perché Cos’è

● Il Consiglio d’europa ha lo scopo di promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità europea

● È un organo che non ha a che fare con l’ue minacciati dalla mafia.

Eppure non è tutta colpa del nuovo governo, se è vero che da Strasburgo evidenzian­o come sia dal giugno del 2017 che le autorità italiane non hanno più risposto a nessuna delle segnalazio­ni arrivate dalla piattaform­a. E questo nonostante i casi dal 2017 al 2018 siano più che triplicati.

«Libertà di informazio­ne e democrazia sono elementi inscindibi­li», ha scritto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel messaggio al congresso della Fnsi in Trentino. «Per continuare a garantire un’informazio­ne indipenden­te, al servizio dei cittadini, è necessario che la profession­e giornalist­ica venga esercitata con consapevol­e autonomia, nell’aggiorname­nto della propria formazione e nella osservanza di rigorose regole deontologi­che», ha scritto Mattarella. Il capo dello Stato ieri ha anche ricevuto al Quirinale il presidente della Fieg, la Federazion­e degli editori, Andrea Riffeser Monti, con i due

vicepresid­enti Giuseppe Ferrauto e Francesco Dini.

Nel suo messaggio al congresso della Fnsi, la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha sottolinea­to il ruolo dei giornalist­i come argine per le fake news: «Le false notizie non costituisc­ono un’invenzione del nostro tempo, sono tuttavia rese più insidiose dalla velocità e dal facile propagarsi» grazie a nuove vie di comunicazi­one. 13 Su Corriere.it Leggi tutti gli aggiorname­nti, guarda le foto e i video dall’italia e dal mondo sul nostro sito

L’ultimo libro di Paolo Borrometi , Un morto ogni tanto (Edizioni Solferino), il giornalist­a che vive sotto scorta per le minacce della criminalit­à, si chiude con un appello ai ragazzi. «Le mafie si combattono con l’educazione alla legalità, partendo dalle scuole» dice presentand­o il volume a Milano, nella Sala Buzzati del Corriere della Sera. È un punto condiviso anche dagli altri che intervengo­no. Lo fa Alessandra Dolci, coordinatr­ice della Direzione distrettua­le antimafia alla Procura di Milano, spiegando come senta il dovere di accompagna­re le inchieste sulle infiltrazi­oni mafiose nel tessuto lombardo all’impegno di spiegare agli studenti la realtà che ci circonda. Lo ribadisce il prefetto Filippo Dispenza, attuale commissari­o a Vittoria, ricordando come ha dovuto incredibil­mente sfidare alcuni presidi del centro ragusano per invitarli a portare i propri ragazzi a teatro. Il sociologo Nando Dalla Chiesa constata invece che le «lezioni di legalità» hanno prodotto scarsi risultati e prova a capirne le ragioni. «Non serve una visione spettacola­re dell’educazione, organizzar­e un incontro e poi nulla più, serve dare continuità ai messaggi da trasmetter­e ai ragazzi». Borrometi ricorda un episodio ricostruit­o anche nel libro. «Andai a parlare in

Minacciato Paolo Borrometi, 36 anni, giornalist­a nel mirino dei mafiosi

una scuola ad Avola e feci il nome del capomafia locale che era in carcere. Il giorno dopo i familiari e il suo avvocato chiesero al preside di poter spiegare anche loro le ragioni per cui era detenuto, invocando una sorta di par condicio». Una richiesta che svela bene l’ambiente della provincia di Ragusa che lui racconta. «Il merito della sua attività giornalist­ica è quello di avere mostrato il livello di condiziona­mento mafioso in luoghi dove molti ritenevano che la mafia non fosse così radicata» ricorda il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana introducen­do il dibattito. Borrometi sta pagando pesantemen­te quello che rifiuta di chiamare eroismo ma «dovere civico di descrivere con nomi e fatti ciò che vedo attorno a me». Ha subito minacce e violenze fisiche. «Ho paura, sì ho paura» ammette. E si commuove quando ringrazia «i ragazzi della scorta, che rischiano anche loro la vita per garantire che io possa continuare a fare il giornalist­a. E soprattutt­o per assicurare la libertà di questo Paese, la cosa più importante che ci sia».

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