Corriere della Sera

Astaldi, Fortress presta 75 milioni Salini stringe sull’offerta (senza Cdp)

Attesa la proposta per il salvataggi­o del gruppo. La trattativa con le banche

- Fabio Savelli

MILANO Per salvare Astaldi, secondo gruppo di costruzion­i in Italia, servirà un «piano in progressio­ne», con una serie di tappe da qui al 2020. La prima si verificher­à tra oggi e domani, data di scadenza per la presentazi­one del piano di ristruttur­azione al Tribunale di Roma, obbligo a tutela dei creditori. La mossa dovrebbe farla Salini-impregilo, il primo gruppo per ricavi in Italia. Dovrebbe presentare un’offerta che prevede un aumento di capitale in Astaldi per una cifra tra i 200 e i 300 milioni. È una proposta che ora non prevede il coinvolgim­ento di Cassa Depositi, che però non è escluso possa rientrare nei prossimi mesi partecipan­do ad un’operazione di sistema per la costruzion­e di un campione nazionale. Che si verificher­ebbe, ma il condiziona­le è d’obbligo, con un apporto di capitale in Salini-impregilo.

L’offerta di Salini è condiziona­ta però all’ok delle banche esposte con Astaldi complessiv­amente per 3 miliardi di euro, che salgono a 4,5 se consideria­mo anche i fornitori. Gli istituti più esposti sono Intesa Sanpaolo, Unicredit e Bancobpm. Il via libera potrebbe arrivare tramite la conversion­e dei crediti in azioni ordinarie emesse a favore degli istituti per la parte di Astaldi che prosegue in continuità relativa al segmento costruzion­i. E in strumenti finanziari partecipat­ivi per la parte che finisce in liquidazio­ne in una bad company. La perdita per gli istituti dovrebbe essere di circa il 70% sui crediti vantati, a conti fatti 2,1 miliardi di perdite a bilancio. Nella bad company confluiran­no tutti gli asset in concession­e, in attesa di essere venduti ai migliori acquirenti per rimborsare in parte i creditori chirografa­ri. Si tratta ad esempio della partecipaz­ione nella società di gestione del ponte sul Bosforo e dell’autostrada turca Gebze-izmir. Nell’attesa Astaldi ha ricevuto ieri un finanziame­nto-ponte da 75 milioni di euro dal fondo Usa Fortress, ottenuto ad un tasso d’interesse altissimo (14,25%) con garanzia degli asset in pancia al gruppo. Soldi necessari per la continuità negli appalti, come la metropolit­ana 4 di Milano, in consorzio con Salini-impregilo e la metro C di Roma.

Il piano «in progressio­ne», costruito con l’advisor Vitale&co serve soprattutt­o a Salini-impregilo per fare un’approfondi­ta due diligence sui conti, per ora visionati solo in parte e consegnati dai consulenti di Astaldi, cioè Rothschild, lo studio Laghi e Gianni, Origoni, Cappelli. La necessità è quella di analizzare meglio le criticità di Astaldi, che deve anche rimborsare nel 2021 un’obbligazio­ne da 750 milioni di euro ai suoi sottoscrit­tori. Uno dei nodi principali resta l’assetto societario dell’astaldi che va in continuità. Non è escluso che Paolo Astaldi, ultimo erede di una dinastia familiare che ha costruito un gruppo con 100 anni di storia, rimanga nel board. Dipenderà dall’entità dell’offerta di Salini, da quanto metterà sul tavolo per salvarla. È chiaro che un intervento importante presupporr­à una totale discontinu­ità ai vertici di una società scivolata ad un passo dal fallimento. Oltre che la ovvia diluizione della Fin.ast, la finanziari­a della famiglia Astaldi ora con una quota di controllo della società quotata a Piazza Affari.

È chiaro che anche il governo guarda con apprension­e al dossier. Astaldi è il general contractor della statale Jonica che ha committent­e Anas. È impegnata anche nel tunnel del Brennero, che avrebbe passato l’analisi costi-benefici del ministero delle Infrastrut­ture. E dell’alta velocità Verona-padova. Partecipaz­ioni che Salini finirà per ereditare.

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